Fare scalo nei porti italiani non è semplice come nel resto del mondo, e Trieste eredita anch’essa una procedura elefantiaca a partire dall’ormai famoso “decreto salva coste” che già nel 2013 ha creato difficoltà alle navi che danno fondo in rada. A questo si aggiungono numerose difficoltà burocratiche che scoraggiano gli armatori». Secondo il presidente Cemar Sergio Senesi, è la burocrazia lo scoglio più duro per l’armatore che si avvicina in Italia: «Siamo l’unico paese Ue a non aver semplificato le procedure d’accosto. Ancora oggi in molti porti italiani sono obbligatori i controlli di frontiera anche per le navi provenienti da paesi dell’area Schengen. Senza contare che per le pratiche doganali utilizziamo un regio decreto vecchio di quasi 100 anni».