Passare dai riflettori puntati addosso all’allontanamento volontario dal “red carpet” della serie A2, non è cosa che si vede spesso: il cammino intrapreso da Matija Jogan è come quello di un attore protagonista di kolossal che, dopo aver vinto il premio Oscar, torna in maniera inaspettata dietro le quinte, resettando quasi tutto quello che si è fatto finora per dedicarsi al quel vecchio amore che lo ha in pratica “svezzato” professionalmente.
L’allenatore che ha fatto grande la piccola Muggia, facendole ottenere il miglior risultato sportivo di sempre con la semifinale play-off conquistata due stagioni fa, si è ormai tolto di dosso i panni di head coach della 1° squadra e si è rituffato a con entusiasmo un gradino più sotto, all’interno della fucina dove poter creare i futuri talenti rivieraschi.
Il fatto di guidare con mano non solo le Under 15 e le Under 17 ma tutto il settore tecnico giovanile in qualità di responsabile, lascia presagire che il lavoro non mancherà di certo a “Mat”, ben consapevole che servirà tanto olio di gomito per arrivare ai risultati sperati, dentro e fuori dalla palestra.
- Matija, la scelta di non far più parte della prima squadra corrisponde a una sorta di tuo “ritorno di fiamma” a quanto fatto più di qualche stagione fa: quali sono le sensazioni che hai provato in questi primi giorni del tuo nuovo ruolo all’interno dell’Interclub?
“Le sensazioni sono molto positive: all’inizio pensavo che, dopo tre anni di assenza, tornare in questo ambito fosse una cosa davvero difficile. Sin dall’inizio ho chiesto alle ragazze che alleno molto impegno, intensità durante gli allenamenti, tanto sacrificio e voglia di fare: in pratica, quello di mettere sul parquet un comportamento da vere e proprie atlete. Non sapevo come sarebbe stata la loro reazione a questo cambio di rotta che ho voluto apportare al settore giovanile rivierasco: per ora, e lo dico senza esagerare, sono state impeccabili e mi ritengo molto orgoglioso di quanto fin qui hanno saputo dimostrare. I momenti più duri e difficili dovranno ancora arrivare, proprio in quelle situazioni vedremo chi coverà dentro di sé il desiderio di fare il vero salto di qualità che tutti noi ci aspettiamo.”
- Si è spesso parlato di come un settore giovanile sia parte fondamentale, e non solo semplicemente integrante, di una società. Come avviene la crescita di un potenziale talento? Che tipo di lavoro c’è dietro?
“La crescita avviene in maniera graduale, non bisogna avere fretta: in particolare, il talento innato di un’atleta può aiutare, ma non è elemento basilare per diventare una brava giocatrice. Per quanto mi riguarda, ritengo molto più importante la voglia di allenarsi bene, la concentrazione in quello che si fa sul campo, il sacrificarsi in ogni singola situazione e, non ultima, l’educazione-base di un’atleta. Da sempre ho predicato un concetto-chiave alle mie atlete: non si deve venire all’allenamento solo perché ci si trova bene con le amiche, né per ridere in fila mentre l’allenatore spiega un esercizio o in panchina mentre le altre giocano. Chi ha solo questi pensieri nella testa, deve avere la consapevolezza che avrà sempre pochissimo spazio per dimostrare il proprio valore.”
- Muggia ha sfornato giocatrici importanti nella sua storia recente, uscite dal settore giovanile rivierasco: non è un caso che una grossa fetta dell’attuale 1° squadra sia fatta da ragazze cresciute ad Aquilinia. In proiezione futura, quanto tempo ci vorrà per un ricambio generazionale? Guardando attualmente in casa muggesana, ci sono possibilità concrete di avere nel medio periodo almeno un paio di atlete da inserire nella prima squadra degli anni a venire?
“Non è facile, perché abbiamo un gap di qualche anno tra il gruppo che alleno e le juniores: tra le singole, vedo molto bene Valentina Rosin, anche se deve ancora lavorare molto in proiezione futura. Per i gruppi invece che mi competono, ci sono senz’ altro ragazze molto interessanti da far crescere. Assieme al resto dello staff, di cui fanno parte Giorgio Krecic, Emiliano Milocco, Stefania Lucia e Giulia Fragiacomo, ho iniziato un percorso che per dare i frutti sperati avrà bisogno di almeno 2 anni per il primo gruppo e di 3 anni per il secondo (quest’ultimo composto dalle ragazze del 2000, NdA). Noi siamo qui per dar loro una mano, poi come sempre molto dipenderà dalla volontà delle ragazze stesse: come già sottolineato, alla base di tutto ci deve essere tanto allenamento e la volontà di migliorare e di arrivare a un determinato obiettivo. C’è una serie A potenziale che le aspetta e non tutte le società possono dare alle giovanissime questo tipo di privilegio. Detta in parole povere, non devono perdere questa occasione. Tutti assieme possiamo farcela, noi e loro.”
Alessandro Asta
pallacanestro, basket, Interclub Muggia, Matija Jogan