Dal giornale economico “Sole 24 Ore” leggiamo in data odierna il seguente articolo, non firmato:
Ogni volta che si parla di rigassificatori, il pensiero vola a Brindisi dove l’anno scorso la multinazionale British Gas ha rinunciato all’investimento dopo aver atteso sette anni le autorizzazioni. Dopo aver tristemente visto passare il The end e i titoli di coda a Brindisi, non vorremmo che a Trieste-Zaule stesse per andare in onda lo stesso film. Una multinazionale, stavolta la spagnola Gas Natural, che ha iniziato nove anni fa l’iter per la costruzione di un rigassificatore, costretta a levare le tende e a tornarsene in patria. Mandando in fumo un investimento da 500 milioni di euro in un settore, l’approvvigionamento energetico, strategico per il Paese e in cui l’Italia è deficitaria di progetti e idee.
A inizio anno, ma lo si apprende solo adesso, dopo le pressioni della cittadinanza di Trieste e in particolar modo degli ambientalisti, il ministro Clini ha chiesto un’altra valutazione d’impatto ambientale dopo quella rilasciata nel 2009. Niente di tragico, soprattutto se saranno rispettati i tempi indicati dal ministro: 45 giorni per completare il documento. Una valutazione supplementare potrebbe fugare gli ultimi dubbi e blindare l’iter.
Fa riflettere però un Paese in cui i procedimenti autorizzativi sono interminabili e, una volta completati, vengono addirittura ripetuti per fugare ogni dubbio residuo. Non stupiamoci quando leggiamo il nome dell’Italia in coda alla classifica del doing business e dell’attrazione degli investimenti. Un motivo c’è e non è poi neanche così difficile capire quale.
Fine dell’articolo (Sole 24 Ore)
rigassificatore, Trieste