Lo stop sembra quello di un cantiere improvvisato, a metà tra unposto di polizia e l’esito di un tamponamento. Invece è il “posto di blocco” del parcheggio a pagamento per parco e castello di Miramare. C’è quel gabbiotto minuscolo, in vetro o forse plastica, e il gentile parcheggiatore deve ogni volta uscire e fare la complicata operazione di scrivere su una macchinetta portatile il numero di targa. Quando diventerà un posto normale con una sbarra, un ticket, un aspetto più civile? Già raggiungere il cartello stradale di “Alt” è altamente seccante: la stradina è stretta, parcheggiata su un lato, e quando due auto s’incontrano è come per le vie di montagna. Otu o io. O forse nessuno dei due. Poi si procede passando davanti alle Scuderie, scansando i passanti disturbati, ma del resto fino alla “Porta della bora” che è l’ingresso del parco (attualmente scrostato in maniera vistosa da un lato e pure dall’altro) tutto il lato destro è parcheggio a pagamento in forma di pettine. Ieri, giornata molto bigia di settembre, i turisti a metà mattina erano sparuti, praticamente quasi tutti stranieri, ma più tardi i pullman hanno cominciato a sputare le comitive dei tour autunnali, frotte di persone mature e anzianotte, che passo dopo passo andavano a raggiungere la meta del loro viaggio di gruppo. Ed è lì (immaginiamoci con le folle di luglio e agosto, e del resto lo sappiamo benissimo) che Miramare si trasforma anche in unatrappola. Come andarsene dopo aver parcheggiato a pettine, se la strada è stretta, si lascia il posto con la macchina in direzione ingresso, e invece bisogna andare all’uscita? Cominciano la lunga attesa, gli sforzi per non investire nessuno dei passanti, mentre non si può evitare d’innervosirli. Escansati di qua, e scansati di là.Nonrestano alla fine cheuna conversione aUnello slargo sotto la porta, e una lentissima discesa verso città. Su questo problema, e sulla mancanza di spazio per i pullman turistici, Miramare ha sollecitato più e più volte il Comune. Vero che spazi da guadagnare non ce n’è a prima vista, ma non si è finora visto nemmeno lo sforzo di pensarci su. «Tutte cose da ripensare - commenta infatti il soprintendente Caburlotto - e che poi vanno avanti uguali per inerzia». Ma non riesce a dimenticare la volta in cui riuscì per davvero a mettere in piedi una riunione per questo urgentissimo caso, durante l’amministrazione Dipiazza. «Si era ipotizzato di fare a parcheggio la zona del bivio, ma un assessore della giunta disse: “Ah, no, questo è un problema politico”. Certo - riflette Caburlotto - i bagnanti triestini sono un problema politico, non bisogna scontentarli perché votano, mentre i turisti non votano, e dunque si può scontentarli ». E così il problema tecnico fu archiviato come politico, e lì è svanito nel nulla. Adesso è partito il secondo appello, affinché la città ottenga dai ministeri finanziamenti e organici. Non sarà sempre possibile spegnere le luci di notte, comeCaburlotto fece per clamorosa protesta, ottenendo l’immediata solidarietà del sindaco Cosolini. Non sarà possibile perché, avanzando lo stato di penuria, il soprintendente ha deciso che spento, di notte, il castello resteràcomunque. (g. z.)
(il Piccolo)