Pelo nero, 170 chili, due metri e venti di altezza: questo l’identikit dell’orso bruno ‘Alessandro’, che dopo avere trascorso un mese in Italia, in Friuli Venezia Giulia, adesso è in Slovenia. Gli animali non hanno confini e lui si trova a pochi chilometri da un’area dove a causa di una deroga rischia di essere abbattuto. A lanciare l’allarme è Stefano Filacorda, ricercatore dell’Università di Udine, impegnato da anni in progetti europei sull’orso in Italia, che ha subito allertato le autorità di Lubiana, precisando che Alessandro è monitorato nei suoi spostamenti tramite radiocollare e non è un esemplare che fa grossi danni.
“Il ministero dell’agricoltura e delle foreste sloveno ha ‘invitato’ i cacciatori locali a non abbattere l’orso munito di radiocollare, ma questo non significa che Alessandro sia al sicuro e che non possa essere ucciso se si trovasse nel posto sbagliato al momento sbagliato” spiega Filacorda, che da tempo cerca di far riconoscere ai vicini il fatto che un orso con il collare sia “un patrimonio di tutti” e fornisca informazioni preziose, utili anche per facilitare la convivenza con l’uomo.
In Friuli si contano circa 15 esemplari maschi, non stabili, mentre da parte slovena la popolazione, divisa da un’autostrada, vede fra 25-40 individui a Nord vicino al confine italiano, di cui una decina in comune con l’Italia, mentre a Sud sono almeno 400. Il problema è che non esiste ancora un piano di gestione italo-sloveno per questi animali, nemmeno di quelli oggetto di studi, spesso finanziati con milioni di euro di fondi europei. “Sono almeno una decina i progetti ‘Life’ sull’orso che hanno coinvolto Italia e Slovenia” racconta Filacorda, secondo cui “telemetria e genetica ci dicono che c’è un gruppo comune che si muove su zone di confine, quindi è chiaro che servono piani di gestione comuni. Da quindici anni si parla di una banca genetica degli orsi italiani e sloveni, intanto fra 2003 e 2010 sono tre su nove quelli radiocollarati in Friuli e abbattuti in Slovenia”.
Una collaborazione fra ricercatori esiste, quella fra Paesi è più complessa. La Convenzione delle Alpi, il trattato a cui partecipano Italia, Austria, Francia, Germania, Liechtenstein, Monaco, Slovenia e Svizzera, ha creato un tavolo tecnico sulla tutela dei grandi carnivori sull’onda del caso dell’orso ‘Bruno’, ucciso in Germania nel 2006 dopo che Europa e Italia avevano investito soldi ed energie per la sua reintroduzione.
“Ogni Paese ha politiche diverse e anche la direttiva Habitat non esclude la rimozione (in genere sono messi in cattività, ndr) in caso di un rischio per la comunità e di gravi danni” spiega Piero Genovesi, ricercatore dell’Ispra. In Svizzera poi la direttiva non c’è nemmeno, ma certo è che la tutela dell’orso non ha solo un valore ambientale. “La presenza dell’orso nelle Alpi centrali - afferma Genovesi - è un enorme volano turistico che ha promosso le nostre montagne più di molte campagne pubblicitarie”. Nonostante i progressi, specie nella convivenza con l’uomo, il rischio di un caso ‘Bruno’ però c’è ancora.
(ANSA)