Calorosi applausi, anche a scena aperta, hanno tributato il successo dell’allestimento della Fondazione Teatro Lirico “Giuseppe Verdi” dell’operetta di Franz Lehár, su libretto di Ludwig Herzer e Fritz Löhner. Uno fra gli ultimi capolavori del musicista austro-ungherese, “Il Paese del sorriso” vede anche un libretto in versione italiana, firmato da Mario Nordio ed Enrico Dezan (Ed. Suvini Zerboni) in cui il terzo atto si svolge a Vienna, in casa di Lisa, ad un anno dal suo ritorno da Pechino. Ella non è riuscita a dimenticare il suo principe e nemmeno l’inseparabile amico, conte Gustav, la sua Mi. Improvvisa giunge la notizia che Sou-Chong, dopo aver divorziato dalle quattro mogli impostigli dai doveri del suo rango, si è fatto nominare ambasciatore a Vienna, dove giunge con la sorella Mi. Un lieto fine dunque per le due coppie di innamorati, in questa poco nota versione del testo. Antonino Fogliani ha diretto l’Orchestra della Fondazione Lirica triestina con briosa leggerezza. Brillante e ben ritmata l’ ouverture in cui si levano ottimamente le voci degli archi. Una lettura agile ma scevra da particolari sfumature coloristiche che non sempre è riuscita ad esaltare al meglio la partitura. Appropriata la prova del coro, diretto da Paolo Vero. Buon equilibrio interpretativo di tutta la compagnia di canto e delle parti attoriali dove ciascuno ha reso al meglio le sue potenzialità.
Ekatarina Bakanova è stata una “Lisa” pregevole e brillante. Ottima voce, ricca di coloriture, bel timbro corposo, dove ad un ampio e robusto registro vocale negli acuti si alternano delicati filati e raffinati recitativi, la Bakanova ha tratteggiato il suo personaggio con molteplici sfumature interpretative sottolineando con vigore pathos e malinconia, ironia e verve anche nei momenti recitati. Magnifica l’aria “Tutto finì”. Alessandro Scotto di Luzio, nel ruolo di “Sou-Chong”, è un principe convincente di ampio respiro vocale. Bella voce calda, pastosa e luminosa ad un tempo, dotata di un pregevole squillo nel settore acuto difetta, a volte, nel volume. Armoniche, espressive coloriture nell’aria “Un serto vo’ di petali rosa” ed appassionato impeto nella romanza “Tu che m’hai preso il cuor”.
Andrea Binetti è stato un “Conte Gustavo” molto accattivante e efficace. Il buon timbro vocale e le grandi doti attoriali hanno reso al meglio il suo personaggio. Ilaria Zanetti ha tratteggiato una “Mi” brillante e spiritosa, vocalmente attenta nel fraseggio e persuasiva nei recitati. Buone le parti di fianco fra cui spicca Gualtiero Giorgini nel ruolo di Tschang. Completano il cast Adele Amato de Serpis, Sara Alzetta, Maurizio Rapotec, Adriano Giraldi e Simone Faucci. Di grande impatto ed originalità le bellissime scene di Paolo Fantin che vedono una struttura semisferica fissa mutante nell’arco dello spettacolo con effetti alquanto spettacolari: essa si trasforma da campo da golf a camera da letto, a prigione di un imprecisato palazzo imperiale per toccare l’apice con i crateri lunari. Piacevoli e sgargianti i costumi di Silvia Aymonino. Raffinati gli interventi coreografici curati da Sandhya Nagaraja per il Corpo di ballo “Imperfect Dancers Company”. La regia di Damiano Michieletto, ripresa da Eleonora Gravagnola, non convince appieno per disarmonia narrativa che “spezza” le varie scene anziché legarle fra loro, per un’esasperata e caricaturale accentuazione del personaggio de “Il capo degli Eunuchi” e per l’inserimento nei testi recitati di alcune battute tipicamente triestine che nulla hanno a che vedere con il libretto originale.
Si replica sino al 28 giugno.
MARIA LUISA RUNTI
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