Mercoledì 9 ottobre ore 20:30 al ridotto del Teatro Lirico Verdi di Trieste ConsorzioScenico presenta Bilal
dopo l’immane strage di Lampedusa una serata di riflessione proposta dal Comune di Trieste
ALLE 20.30, AL RIDOTTO DEL VERDI
«È passata la giornata del lutto nazionale, ma non deve cessare l’attenzione a Lampedusa e l’impegno, in primo luogo delle Istituzioni, a lavorare perché a ciascuno, indipendentemente dal genere, dall’etnia, dalla religione a cui appartiene, sia garantita la dignità che gli spetta in quanto persona»: lo afferma il vice sindaco di Trieste Fabiana Martini, che aggiunge: «Dopo il pianto e la commozione ognuno è chiamato a interpellare la propria coscienza e a sentirsi corresponsabile, non più indifferente. Per questo il Comune di Trieste proporrà mercoledì 9 ottobre, alle 20.30, una serata di riflessione al Ridotto del teatro Verdi, dove andrà in scena “Bilal - Pensi di saper distinguere il Paradiso dall’Inferno?”, uno spettacolo tratto da “Bilal”, il romanzo-inchiesta di Fabrizio Gatti, proposto da ConsorzioScenico con Roberta Colacino, Paola Saitta, Omar Scala e Lorenzo Zuffi, che lo hanno rappresentato anche a Lampedusa lo scorso luglio. Tutti sono invitati a partecipare e a condividere questo momento di riflessione”.
Tratto da:“Bilal, viaggiare, lavorare, morire da clandestini.”
di Fabrizio Gatti
Un viaggio sulla rotta dei “nuovi schiavi” del terzo millennio.
Il viaggio di un giornalista attraverso le tappe di chi si mette in marcia dal Sud del Mondo per conquistare una vita migliore al di là del Mediterraneo.
Una selezione tratta dal réportage di Fabrizio Gatti, giornalista, che negli ultimi anni si è reso protagonista di svariati “travestimenti” per sondare la condizione degli immigrati clandestini in Italia.
Bilal è la cronaca del più grande viaggio del Terzo Millennio.
Qui è Bilal. Bilal Ibrahim el Habib. Parte da Dakar e arriva in Libia, seguendo la tratta dei clandestini, viaggiando con loro sui camion attraverso il deserto, subendo con loro i controlli e le violenze di polizia ed eserciti. E per chi riesce ad arrivare sulle coste del nord del Mediterraneo l’inferno non è finito: prima ci sono i centri di permanenza temporanea, lager, luoghi di detenzione al di fuori del diritto e al di fuori di ogni umanità e, per chi ne esce senza essere rimpatriato, resta la clandestinità e il lavoro nero, nei cantieri o nei campi.
La denuncia di un crimine contro l’umanità.
Il dramma quotidiano dell’immigrazione raccontato da chi l’ha vissuto dall’interno.
Un nome falso. Il tubetto di colla per nascondere la impronte digitali.
Il borsone nero. Le vecchie ciabatte. Il giubbotto salvagente. Tre scatolette di sardine e tre schede telefoniche.
Quello che serve a Fabrizio Gatti per trasformarsi in Bilal. Anche al pubblico è chiesto di fare un piccolo spostamento. Di permettersi, per una sera, di stare un po’ in condizioni scomode, o semplicemente delimitate, di sottoporsi ad uno sguardo ravvicinato.
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