Un incontro interessante, insolito, con un uomo che impegna la maggior parte del tempo libero lasciatogli dal lavoro ad aggiornarsi ed occuparsi dei problemi della sua città, ad approfondire con cura ogni dettaglio, a commentare ed a confrontarsi nella sua pagina Facebook. Serio e meticoloso nella sua professione di turnista, lavoro duro e di grande responsabilità, indispensabile nel suo settore; allegro, gioviale, “mulo de gita” con amici e conoscenti. Un triestino verace, affezionatissimo a Trieste e di cui sente nostalgia anche se si assenta per una sola giornata. Ascoltare i suoi pensieri è aprire la mente ad una realtà che non sempre percepiamo o di cui non ci rendiamo conto. E’ respirare la voce del popolo, quella più schietta ed immediata, senza “fronzoli”, nella bellezza della sua sincerità. Una voce che troppo spesso viene ignorata o non presa in considerazione. Una voce che invece ha il diritto di farsi ascoltare perché, a volte, ha più saggezza e lungimiranza di chi è al potere o è sempre sulle prime pagine dei giornali.
Tu incarni l’anima della triestinità, traspare da tutti i tuoi pensieri! Spiegami che cosa significa “Triestin patoco”, io non lo so…
E’ una persona nata a Trieste che abbia alle spalle almeno tre sue generazioni nate in città. Credo che oggi sia difficile trovarne considerando la storia e gli esodi che si sono verificati nel corso degli anni. Nemmeno io lo sono, il mio nonno era di Sesana, ci sono stati dei connubi fra le genti di confine.
Tu, almeno concettualmente, ti senti così? Oltre al fatto generazionale è una definizione che individua un triestino “verace”?
Certamente! Non lascerei mai Trieste a meno che non vi fossi costretto per motivi di lavoro, ovvero se non avessi altre alternative. Lasciare la propria città significa perdere le proprie radici, lasciare amicizie ed esperienze per ricominciare daccapo da un’altra parte. E’ come perdere una parte della propria identità.
Senti forte l’idea delle radici?
Della radice, di un qualcosa che mi lega alla città in cui vivo, anche se fosse altrove. Conoscere la sua storia, i monumenti, gli edifici, le sue particolarità, le sue tradizioni. Eppoi ci sono gli amici, il lavoro.
In ambito “lavoro” sei impegnato come turnista. Com’è la vostra situazione?
Abbastanza difficile, considerando i tempi di “vita” delle persone con un orario lavorativo normale. I turni possono capitare anche il sabato e la domenica essendo il nostro lavoro considerato “essenziale”, ovvero indispensabile alla comunità, come ad esempio lo sono i poliziotti, i pompieri, ecc. che devono appunto sottostare a turni.
Con gli attuali problemi economici il vostro gruppo, la vostra squadra riesce a fare degli orari regolari o siete sottoposti ad un surplus di ore lavorative?
Il surplus di orario fa ormai parte del sistema… le 40 ore contrattuali diventano molto spesso 48. Alcune categorie, tipo portierato o buttafuori, ad esempio, le hanno già per contratto anche se ciò non è previsto dalla costituzione che fissa il tetto massimo lavorativo in 40 ore settimanali. Invece di creare nuovi posti di lavoro per bilanciare il carico delle ore e permettere nuovi ingressi nel mercato, appesantiscono quello già esistente. Dovrebbero esserci più persone con meno ore lavorative. Il nostro contratto prevede 40 ore settimanali con due giorni di riposo.
Sono sufficienti per compensare?
Permettono di vivere… Il lavoro è importante ma lo è altrettanto l’avere una propria vita. Orari pesanti impediscono una vita sociale e di relazione.
Per quale motivo preferisci fare i turni di notte?
Perché ho più tempo per me, sia durante le giornate libere che durante il lavoro stesso; finiti i giri di controllo, riesco a leggere o semplicemente a meditare!
Proprio grazie ai turni sei riuscito a portare a termine gli studi…
Sì, ho fatto i cinque anni delle serali al Carli. Un’esperienza magnifica, perchè vissuta in un periodo in cui non si è obbligati a studiare ma si vuole farlo. Un gruppo di persone senza barriere anagrafiche con uno scopo comune. Poi mi sono iscritto all’Università ed ho fatto due anni di filosofia.
Sei favorevole o contrario all’apertura domenicale dei negozi?
Contrario. Porta ad una perdita dei posti lavoro in relazione ai piccoli imprenditori ed a favore della grande distribuzione, sia a livello occupazionale nazionale che locale.
A difesa dell’apertura domenicale, per ciò attiene i centri commerciali, si può dire che, con i tempi che corrono, costituiscono un punto di ritrovo ed un modo per trascorrere qualche ora diversa dalla routine, perlomeno d’inverno?
Hanno fatto i centri commerciali ed hanno ammaestrato la gente ad andarci! Un luogo dove si perde il contatto con la realtà e con il tempo, dove non si può socializzare. Un tempo si andava alla partita di calcio ed alla gita fuori porta. La famiglia era maggiormente rispettata. Ora fra turni di lavoro e difficoltà economiche le persone non riescono più a condividere il tempo libero.
Tu, come single, sei avvantaggiato rispetto ad uno che ha famiglia?
No, perché comunque il tempo libero è imperniato sul sabato e domenica ed i miei turni, faccio anche le notti, non mi permettono di avere dei ritmi che possano essere sempre in grado di adeguarsi a quelli degli altri.
Come vivi il tuo tempo libero?
Senza programmi! Come capita, capita. Non ho hobbies particolari, mi piace variare molto. Avere una base di molte conoscenze, poi i collegamenti vengono spontanei. Se un contesto mi piace l’approfondisco per un certo periodo, poi mi stanco … lascio perdere ed eventualmente lo riprendo in un secondo tempo. Ora sto leggendo un libro sulla psicologia degli “ultras”; mi incuriosisce moltissimo studiare questo fenomeno perché un tempo ho frequentato quell’ambiente. Questo tipo di tifoseria rappresenta forse uno degli ultimi luoghi dove la gente ama ancora fraternizzare. Compatibilmente con i turni mi piace andare a qualche festa e, quando capita, in discoteca. La vita sociale è determinante, non solo per me ma per tutti, direi… infatti l’egoismo imperante è causato anche da mancanza proprio di vita sociale.
So che hai molto seguito ed anche polemizzato sulla recente “opera architettonica” sul Canale…
La passerella James Joyce detta Ponte Curto! Mi dà fastidio che l’abbiano imposta. Ha la stessa utilità che può avere un ascensore per uno che abita al piano terra. Non si tratta solo di questo episodio ma anche del sistema con cui stanno cambiando Trieste. Il turista non l’apprezza di certo per Piazza Goldoni o per il Ponte Curto ma per la sua bellezza diversa, per la sua unicità, dal borgo teresiano alle rive, al castello di Miramare, ai palazzi liberty. Sarebbe importante mantenere la storicità dei luoghi importanti, di alcune piazze, palazzi ecc. e situare invece opere nuove dove non intacchino l’ambiente storico esistente.
Cosa ne pensi della paventata idea che la libreria slovena a Trieste possa chiudere?
Assurdo! Fa parte della comunità e della cultura del territorio. Ho letto che si trova in difficoltà. E’ tristissimo che una libreria debba chiudere per crisi.
Sei un triestino innamorato della tua città…
Sì’, perché ci sono nato; lo sarei di qualunque città se fossi nato altrove.
Se tu dovessi dare una definizione di Mauro Amelio che cosa diresti?
E’ difficile, perché cambio spesso, di mese in mese… Diciamo: uno “stufadiz” extra large!
MARIA LUISA RUNTI
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