Sono1500 le persone internate nei 6 ospedali psichiatrici giudiziari italiani. Persone che vivono in condizioni disumane, in strutture lager, in tanti hanno già scontato la pena ma rimangono in un limbo dimenticati dalle istituzioni che dovrebbero provvedere alle loro cure. Ma questi luoghi, che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha definito “di estremo orrore inconcepibile in qualsiasi paese appena civile” a seguito di un intervento legislativo dovrebbero essere chiusi tra sei mesi. Dove finiranno però le migliaia di persone internate quando a marzo dovrebbero essere definitivamente smantellati gli Opg? Ad interrogarsi sul futuro di chi si trova ad dover affrontare una nuova vita fuori dalle strutture psichiatriche il Comitato nazionale “Stop Opg” che ieri ha organizzato in diverse regioni italiane una giornata di mobilitazione e di riflessione su quali strade percorrrere per garantire dignità e diritti a queste persone. A discuterne anche a Trieste il gruppo locale di “Stop Opg” assieme a magistrati, avvocati, operatori della salute mentale, cooperatori sociali e associazioni di familiari. Trieste è sempre stata, dopo la rivoluzione basagliana che ha portato all’ abbattimento dei muri deimanicomi, un esempio di buone pratiche nel campo della salute mentale e anche da qui è partita la discussione per arrivare al marzo 2013 con proposte concrete per il superamento degli Ospedali psichiatrici giudiziari. Non solo Trieste, ma anche l’intera regione rappresenta un punto di riferimento per i buoni risultati ottenuti, sono solo 9 le persone che ora sono internate negli Opg. Ma nonostante le buone pratiche non mancano le preoccupazioni, che sono state sollevate durante il dibattito. Tra le proposte previste dalla legge, quella di aprire delle strutture sanitarie residenziali “speciali” a livello regionale per accogliere gli ex internati con una capienza non superiore ai 20 posti, ma che per il Comitato “Stop opg” sono viste come dei piccoli manicomi regionali. Maqui si sta lavorando per creare dei circuiti alternativi come ha spiegato Mario Novello direttore delDsmdell’Ass 4 di Udine: «Abbiamo scritto un documento fatto proprio dalla Regione per mettere in atto pratiche di recupero e costruire un circuito alternativo. Unpercorso che va fatto anche con le amministrazioni penitenziarie ». Bisogna poi, ha indicato il direttore del Dsm dell’ Ass 1 triestina Roberto Mezzina, lavorare sulla modifica del concetto di pericolosità sociale: «Le persone inizialmente possono anche non stare in carcere ma essere accolte dai nostri servizi per poi rientrare nel circuito giuridico penale normale però con un progetto terapeutico preciso». ( i.g.)
(da Il Piccolo)