Ore sette e tre quarti del mattino. Un gruppetto scalpitante di persone vuole entrare a lavorare, ma non può. Manca la chiave per entrare negli uffici. Parte la caccia a chi ha messo in tasca quella chiave. E subito dopo anche la lettera di ufficiale protesta di un dirigente al suo superiore. Che si vede obbligato a stilare un ordine di servizio affinché i custodi (che si dividono fra più compiti, essendo pochissimi) restino i detentori delle serrature, anche per ragioni di sicurezza. È accaduto alla Soprintendenza di palazzo Economo. Dove il famoso “ultimo che esce chiuda la porta” ha anche obblighi di rendere reperibile la chiave e di attivare gli allarmi. Mala sera precedente qualcuno si era attardato al tavolo di lavoro, a smaltire pratiche. Da solo. E andandosene, ben oltre l’orario stabilito, aveva chiuso il portone e s’era messo la famosa chiave semplicemente in borsa. La mattina dopo, in quella mezz’ora passata in strada, i dipendenti della Soprintendenza hanno ricostruito. La chiave era in possesso del nuovo soprintendente ai Beni architettonici, Maria Giulia Picchione. Che è stata raggiunta da una telefonata urgente in albergo, e si è precipitata in piazza Libertà. «È vero, tutti gli uffici erano chiusi a chiave - conferma il soprintendente Luca Caburlotto -, e questa è cosa grave perché si è mancato all’osservanza di un preciso protocollo. La soprintendente, che è così ligia alle regole, alle leggi e ai codici, dovrebbe prima di tutto osservarli lei stessa». E così Caburlotto, soprintendente ai Beni storici e artistici, da sempre in lotta per la carenza di personale, ha dapprima interpellato la Prefettura, e di seguito inviato una lettera al direttore regionale dei Beni culturali, GiangiacomoMartines, esprimendo profonda preoccupazione e “vivo sconcerto” per quanto accaduto, poiché le chiavi erano state «arbitrariamente trattenute impedendo l’ingresso ai dipendenti e non osservando le regole di sicurezza». Martines ha stilato allora un calendario di presenze dei custodi da mattina a sera, tenendo conto delle ferie estive e del fatto che appunto i custodi vengonoanche impiegati negli uffici, per ragioni di organico. Sono nove,mameno dellametà “custodiscono” e basta. E secondo Caburlotto «dovrebbero essere tutti al castello di Miramare, invece vengono dirottati a palazzo Economo». Il castello, si sa, rischia (come già avvenuto in alcuni importanti musei statali nel resto d’Italia) di non poter più assicurare le aperture domenicali, perché i dipendenti essendo pochi superano prima della fine dell’anno i limiti d’impiego nei giorni festivi e in orario notturno. Tema all’ordine del giorno, che la chiave scomparsaha solo acuito. (g.z.)
(da Il Piccolo)