Giordano Cottur (Trieste, 24 maggio 1914 – Trieste, 8 marzo 2006)
è stato un ciclista italiano.
« “Io a Trieste in un modo o nell’altro ci voglio arrivare” »
Grandissimo ciclista dell’Italia pre e post bellica, non ottenne tantissime vittorie ma comunque entrò di diritto nella storia del ciclismo anche per i tre terzi posti conquistati al Giro d’Italia; nella sua carriera oltre a sette Giri disputò anche tre Tour ottenendo come miglior risultato un ottavo posto nel 1940. Cottur entrò però nella storia del pedale ed in particolare della corsa rosa soprattutto perché nel 1947 vinse la tappa di Trieste. Quell’anno il Giro faceva tappa a Trieste per riabbracciare la città italiana oggetto di aspre contese con la vicina Jugoslavia di Tito che aveva vinto la guerra. I ciclisti vennero accolti a circa trenta chilometri dalla città da un folto gruppo di contestatori che lanciarono pietre su tutto il plotone. Gl organizzatori erano proprio in bilico per l’annullamento della tappa ma il Triestino Cottur a Trieste ci voleva arrivare e probabilmente anche alcune pressioni politiche erano di questo avviso. Si decise allora di far arrivare una sorta di delegazione di ciclisti con a capo proprio il triestino Cottur che per primo tagliò il traguardo salvando tutta la situazione.
L’ultima intervista di Cottur alla Gazzetta dello Sport pochi giorni prima di morire
Il più vecchio corridore d’Italia ha quasi 92 anni, 6 più di Magni, 7 più di Martini, “ma siccome 92 fanno impressione, ho adottato il nuovo corso, come per la lira. E quando mi chiedono l’età, rispondo quasi 46 euro, mi mancano solo pochi centesimi”. Sono quasi 92 anni, pardon, quasi 46 euro che Giordano Cottur vive di bici. “Mio padre, Giovanni, era corridore: corridore podista, lo stesso anno fu campione italiano e austroungarico di maratona, e corridore ciclista, campione giuliano fra i dilettanti. Pedalava anche nei cinema: tre corridori, sui rulli, dietro ogni corridore una specie di gigantesco orologio che segnava la distanza effettuata”.
Giovanni allestì un’officina, saldava tubi, componeva cambi, aggiungeva freni, creava telai, regalava sogni. Così la prima bici di Giordano fu una piccola Cottur. “Quando uscivo di casa, l’unica strada era in salita. E la salita è diventata il mio forte. Quando mi dissero che prima un certo Bartali, e poi un certo Coppi andavano più forte di me in salita, non ci potevo credere. Poi capii che con quei due “pellegrini” ci voleva pazienza”. Pro’ dal 1938, “mi stupii quando grandi corridori, forse un po’ vecchi e stanchi, come Negrini, Pesenti e Cimatti, in salita mi si attaccavano ai pantaloncini”.
GUERRA - Ma il “muleto” scalpitava: il primo calcio lo tirò al Giro d’Italia del 1938, primo nella tappa di Lanciano. Per vincere doveva arrivare da solo, la volata non era il suo forte. “Mondiali di Varese nel 1939. Ultimo allenamento. Il c.t. era Binda: “Quando mancano 60 km, liberi tutti, vediamo chi arriva primo in albergo”. Li staccai tutti, e ricevetti i complimenti di Binda e Bartali, secondo in albergo. Il giorno prima della corsa arrivò un telegramma: Mondiale sospeso per la guerra”. La guerra gli rubò gli anni migliori. “Ma neanche lì mollai la bici: per un certo periodo feci il portaordini. Solo che, vestito da militare e su un cancello a pedali, diventavo un bersaglio troppo facile. Dissi: “O con la bici mia e la maglia mia, o niente”. Accettarono”. E quando scoppiò la pace, la vita, il ciclismo, Cottur non si fece trovare impreparato: “Giro 1946, prima tappa, Milano-Torino. Vittoria e maglia rosa”.
PASTICCHE - Cottur è sempre stato contro il doping, ieri oggi e domani “Giro 1949, prima tappa, Palermo-Catania. Il medico — ce n’erano due: uno per Coppi, l’altro per il resto del gruppo — mi disse: “Prendi questa pasticca a 60 km dall’arrivo, ti aiuterà”. Andai in fuga da solo: ripreso. Poi ci andai con Fazio, siciliano, e Carrea, gregario di Coppi. Fuga buona. A 60 km dall’arrivo mandai giù la pasticca. Sul primo cavalcavia non sentii più le gambe. Inchiodato, e staccato. Bevvi un po’ d’acqua, mangiai un panino, piano piano sentii di nuovo le gambe, evitai che il gruppo mi riprendesse, giunsi terzo. Da allora, mai più niente di niente”.
CORAGGIO - Cottur ama il ciclismo perché “mostra le qualità, fisiche e spirituali”; sostiene che “campioni si nasce, gregari si diventa, ma per diventare gregari bisogna essere dei campioncini”; ricorda che “alla Milano-Sanremo, quando sbucavi dal Turchino, ti sentivi la primavera addosso, e al Lombardia, in cima al Ghisallo, vedevi già l’inverno”; giura che “la bici andrà sempre, guai se non siamo ottimisti noi che le vendiamo”. Dei corridori di oggi “mi piace Bettini perché dà sempre battaglia, da Cunego mi aspettavo di più, Simoni c’è e non c’è, Basso è un po’ come me che andavo forte in salita e a cronometro, con la differenza che lui ha una squadra organizzata e io, se foravo, ero perduto. Sella deve dimostrare di valere, per Savoldelli — e per tutti gli altri — il difficile arriva adesso che non corre più Armstrong”. E spiega che “il segreto è distribuire le forze con giudizio e intelligenza, senza voler strabiliare”, ma il comandamento numero 1 è: “Non darsi mai per vinti”.