Triestino, nato nel 1912, entrato in Aeronautica nel 1919, Giacomo Metellini ha trascorso gran parte della sua vita in volo. Pilotando aerei che hanno fatto la storia della nostra aviazione: dai fragili biplani di legno e tela ai potenti aviogetti da caccia. Il “secolo breve” lui lo ha visto da vicino con tutte le sue guerre, con tutti i suoi orrori. E adesso, narra questa sua vita lunga e avventurosa in un libro intitolato “Un pilota racconta” che esce per la casa editrice Mursia (pagg. 135, euro 14). Storie di pace e di scontri armati, aneddoti, riflessioni e sentimenti di un uomo, prima di tutto, che raccontano da vicino un testimone del tempo. Come tutti i piloti di professione, anche Metellini ha visto la Morte molto da vicino. Durante uno dei tanti combattimenti a cui ha partecipato, «non mi accorsi di nulla: avvertii solo un colpo secco, sul lato sinistro del tettuccio. Voltandomi, vidi il foro di un proiettile sul vetro, all’altezza della mia testa… Avevo evitato la morte solo di qualche centimetro! Un pilota da caccia inglese disse che si può essere bravi quanto si vuole, ma se non si è fortunati, prima o poi si sarà colpiti o uccisi». Del resto, Metellini ha rischiato grosso anche quando era diventato ormai direttore dell’Aeroporto di Rivolto. Pilotando un Macchi si ritrovò improvvisamente a viaggiare in una nebbia fittissima, che gli impediva di vedere dove stava andando.
(da il Piccolo di Trieste)