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Marco Biondi si racconta: la sua vita in radio e la dance, con la storia del progetto Mato Grosso

“Quella volta…con i Genesis…” :D:D:D

di Katya Malagnini
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foto-marco-cranberries1.jpgA voler essere proprio precisi, l’intervista a Marco Biondi, sarebbe stato bello farla nel “2016”, se non altro, per essere coerente con il titolo dell’album di Mato Grosso, uscito nel 1993 che si chiamava proprio così :D.
Marco Biondi è stato produttore di tantissimi dischi dance, e in particolare, lo associamo con familiarità ai progetti Ava & Stone e Mato Grosso *.*, che ha realizzato su etichetta B4, assieme a Graziano Pegoraro, musicista, autore e produttore di centinaia di dischi, tra i più forti degli anni ottanta e novanta (vi dice niente “Run to me” di Tracy Spencer ???) che purtroppo, è prematuramente scomparso il 7 gennaio del 2013, lasciando un grosso vuoto nel mondo della dance.
Oltre alla produzione musicale e al memorabile e coloratissimo pizzetto (che…ahinoi ha abolito :D dal 2008) Marco Biondi è un’elegante voce della radiofonia italiana, che ha conquistato, dal 1976 a oggi, molti ascoltatori, dalle radio locali, ai più forti network italiani, come Deejay, Rin, 105 e Virgin, dove tuttora si trova.
In una lunghissima intervista poema :D che vi riporto per intero, Marco mi ha raccontato la sua storia.
Tra una domanda e l’altra, tentiamo anche di risolvere un dilemma discografico, dove io, con una faccia tosta degna di un rappresentante della Folletto, :D insisto, in base alla fiducia assoluta nel mio orecchio, ad affibbiargli la paternità di un brano, che lui all’inizio nega in modo deciso, ma poi sempre più morbido, fino a mettersi in discussione :D invitandomi a consultare un suo collaboratore dell’epoca per trovare risposte esaurienti ai nostri perché. A quei tempi, Marco faceva talmente tanti dischi, che ricordarli tutti è impossibile, e i suoni, in effetti, sembrano suoi.
:D:D:D:D
Al momento della chiusura di questa intervista, il suo collaboratore non ha ancora risposto, probabilmente rimasto marmorizzato dal messaggio di una tizia :D che dal nulla, gli scrive alle sei del mattino le sue seghe mentali esistenziali, allegando persino tanto di file audio con motivetto da ascoltare :D

*Tre mesi dopo, le mie domande, ottengono risposta :D e sì, avevo ragione io !! :D:D:D Il discopargolo è proprio figlio di Marco :D
Mi rimane un rimpianto del quale non mi darò mai pace: dato che non se lo fa crescere più, non ho potuto chiedere a Marco, di che colore fosse il pizzetto il giorno dell’intervista :D

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Ciao Marco, benvenuto! :-)
Iniziamo dal presente. Sei a Virgin Radio, dove ricopri il ruolo di direttore musicale.
Come trascorri la tua giornata lavorativa?

Mi alzo prestissimo, di solito alle cinque, perché mi piace molto leggere i quotidiani che mi aspettano sullo zerbino di casa, e m’informo mentre faccio colazione. Mi preparo, e nel frattempo ascolto un cd in base all’umore che ho :) poi, esco, e in macchina ascolto altre cose, prendo la metropolitana e vado avanti a documentarmi con il tablet. Alle nove e mezzo, il caffè con gli amici alla macchinetta di Virgin è un rito irrinunciabile. Successivamente, inizia la mia giornata lavorativa, e per prima cosa, leggo tutte le e-mail. In base ai giorni, poi, si vede il lavoro che c’è da fare: preparare la playlist, se ci sono urgenze di programmazione, ecc… Il mio lavoro è molto vario, e posso gestirmelo in base alle esigenze che ci sono.

Hai iniziato a fare radio nel 1976. Come ti sei accorto che ti piaceva questo mondo e che volevi sperimentarlo?
Non me ne sono accorto, mi ci sono trovato coinvolto senza nemmeno sapere cosa stessi andando a fare. :)
Avevo quindici anni, venivo da un paese piccolo (Soresina, in provincia di Cremona) e le prime radio erano nate da poco. Figurati! Cosa ne sapevo io?! Ho iniziato il 26 novembre del 1976 a RCL 26 (immancabilmente, ecco la rima :D), una radio libera aperta dal comune del mio paese, con budget zero, e quindi, cercavano persone che mettessero a disposizione le loro cose, come ad esempio, i propri dischi. A me piaceva la musica e ascoltavo la radio, ma non avevo mai pensato di farla. Sono andato avanti undici anni a scoprire diverse radio locali.

Mi sa che la cosa ti piaceva parecchio :) ! Poi, sei arrivato a Radio Deejay, dove sei rimasto altri undici anni :). Mi descrivi questa esperienza?

Il 31 agosto del 1987 sono approdato a Radio Deejay, dove facevo un programma d’informazione musicale, e, quindi, ho avuto modo d’intervistare un sacco di artisti. Quelli pop e rock passavano da me, e quelli dance, andavano da Albertino. Dopo undici anni, sono passato a 105, dove sono rimasto un anno a Milano, per poi partire per New York, da dove curavo il programma “105 Live from New York” assieme a Camila Raznovich.

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Negli anni ottanta e novanta dove non c’era ancora la radiovisione e tantomeno la tecnologia di oggi, il conduttore era solo una voce. Che cosa doveva possedere di fondamentale per colpire il pubblico?
Per quanto mi riguarda, io ho sempre puntato sulla semplicità di linguaggio e sul dialogo. Curo molto la comunicazione e non faccio discorsi complicati. Se uno non capisce ciò che tu hai detto non è colpa sua, sei tu che hai trasmesso male!
(*Finalmente qualcuno che conosce le regole della comunicazione !! *_*)
Ho sempre cercato di interagire con il pubblico, anche in tempi dove gli sms erano pura follia di pensiero! Si comunicava con il telefono fisso, e talvolta, si possedeva il lusso del fax. Per il mio concetto di radio, il linguaggio era un mezzo per interagire con il pubblico, ed era uno dei tanti componenti di un programma radiofonico. Il mio interagire non era mai una cosa invasiva nei confronti dell’ascoltatore.
Vorrei dire una cosa, sempre con il massimo rispetto per tutti; quando sento le radio che si basano troppo sullo scambio, tra Whatsapp, sms, Facebook, ecc…mi viene l’orchite :D:D:D:D:D

Secondo te quanto è importante il tono di voce?
Molto, è il tuo mezzo per comunicare! Se ti poni con tono arrogante o allegro, la gente lo avverte.
Il tono di voce, è ciò che arriva alla gente della tua personalità.
Esistono anche le persone che sanno recitare molto bene, ma io non sono tra quelli :-P
Trovo importante comunicare ciò che si è, invece che fingere.

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Come dicevamo, nella tua carriera ti è capitato d’intervistare moltissimi artisti. C’è stato qualcuno che ti ha colpito particolarmente, nel bene e nel male?
Assolutamente! Quando hai la fortuna di fare questo lavoro e d’incontrare molti personaggi, spesso ti capita di vedere quelli che erano i tuoi eroi da ragazzino. Sono cresciuto a pane e David Bowie, era uno dei pilastri della mia vita, l’ho sempre adorato, e quando l’ho incontrato a Londra per un’intervista, è stato un momento magico. C’è da dire, che però, il troppo amore verso un artista, può portare anche a fare degli errori, perché, secondo me, quando intervisti, devi distaccarti un po’. Con Bowie andò benissimo, ma ricordo un’intervista fatta con due dei componenti dei Genesis (altro gruppo per il quale avevo una particolare adorazione e del quale tutt’oggi sono malato :D) con cui feci delle figure di merda imbarazzanti.
Il fatto è che vuoi dimostrargli tutto l’affetto che provi, e lì cadi in gaffe clamorose, che magari loro non giudicano tali, ma per te sono il finimondo!

*A quel punto, gli racconto ciò che mi accadde con il mio mito assoluto, che come ormai credo tutti sappiate :D è Paolo Villaggio. Ebbi quasi un attacco di panico, le mani mi sudavano e ballavano la Macarena da sole :D senza il sottofondo musicale, non riuscivo a pronunciare nulla che fosse di senso compiuto per i primi quindici secondi, se non ignoti balbettii, tipo bili bili :D. Poi mi sbloccai e feci l’intervista …ma per citare un episodio di Fantozziana memoria, ero proprio così: “Mani due spugne, fronte perlata, salivazione azzerata, e puzzavo come un cane marcio dopo una giornata di pioggia” :D:D

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Marco, quindi, mi racconta la sua gaffe :D:D
A me l’attacco di panico non è venuto, ma quando tu hai in studio Mike Rutherford (storico chitarrista e bassista dei Genesis) e riesci a dirgli “Mike, sono un tuo grandissimo fan dai tempi dell’album bla bla, bla bla” e lui ti risponde: “Grazie, ma guarda che io in quell’album non c’ero”! :D:D:D:D è il top!
La cosa più tragica, è che io sapevo perfettamente che Mike non c’era in quell’album, ma in quel momento l’emozione ha fatto il suo gioco!
Una cosa simile accadde anche con Phil Collins…ma sai che ti dico? Forse è meglio non intervistare i propri miti!

“Weeeeeeeeeelcome to the Jungle” :D Rin, Radio Italia Network: ricordiamo questa immersione nella musica house?
Nella mia vita professionale di speaker radiofonico, ho avuto la fortuna di fare tre radio che andavano moltissimo e delle quali ero anche ascoltatore, e cioè: Radio Deejay, 105 e Radio Italia Network. Sono cresciuto con la “Studio 105” di fine anni ’70, e arrivare lì è stata una grossa conquista per me! Rin arrivò subito dopo, loro avevano in mente il programma “Welcome To The Jungle” (*preso dal titolo omonimo di una nota canzone dei Guns N’ Roses), e quando me l’hanno proposto, mi hanno convinto in meno di un secondo. Mi piaceva molto il format che loro avevano ideato, un contenitore di musica house con inviati in tutto il mondo, dove segnalavamo eventi, mode, tendenze, ecc…un’avventura incredibile! Nel giro di poco tempo, “Welcome to the Jungle” era diventato un programma di riferimento house per l’Italia. Per due estati, abbiamo anche trasmesso da Ibiza. Il grande merito per la selezione musicale va ad Alex Benedetti, che sceglieva i brani con il suo raffinato gusto musicale, come faceva per “Suburbia” la chart che poi io conducevo. Diciamo che io ci mettevo il parlato, il merito musicale, è tutto suo.

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Qual è la radio che ti ha dato di più?
Domanda difficile, non riuscirei a sceglierne una, perché sono state tutte molto importanti.
Delle radio locali e delle quattro radio principali che ho fatto (*Deejay, 105, Rin e Virgin) tutte mi hanno dato tanto e in maniera diversa. Con le radio locali ho fatto l’esperienza sul campo. Con RLC 26 ho iniziato tutto, quindi per me è molto importante, poi vorrei citare Radio Azzurra, che è una radio locale di Montichiari (Bs). specializzata nella musica afro, dove mi si è aperto un mondo che non conoscevo. Da qui, sono stato pescato da Radio Deejay, che mi ha formato, e mi ha dato la possibilità di confrontarmi con un pubblico più vasto. 105 poi…mi ha mandato a New York!!

Lo interrompo bruscamente: “ma che sei tornato a fa da New York”?
Eh, me lo son chiesto anch’io. Quando è arrivato il momento che stavo chiudendo la mia collaborazione con 105, ho pensato di reinventarmi una vita rimanendo a New York, però poi è arrivata l’offerta di Rin, e ho cambiato idea :D

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Cambiamo aspetto della visione musicale, e parliamo delle tue produzioni musicali. Quando hai iniziato a fare musica?
Da bambino! :) Quando avevo cinque anni, i miei genitori mi mandarono a un corso di pianoforte da una professoressa in privato, e l’ho seguito per quattro anni. Mi ha dato tanto, e mi dicevano che ero molto bravo, addirittura un bambino prodigio, ma io, dopo un po’ di tempo ero diventato insofferente, e ho fatto l’enorme sbaglio di mollare. I miei genitori allora mi dissero: “Te ne pentirai”! Quanto avevano ragione!
Ai tempi delle scuole medie, poi, feci dei saggi con la mia professoressa di musica, lei alla chitarra ed io al flauto dolce. Che bei ricordi! Lei, dopo la terza media, tentò di farmi fare il passaggio al flauto traverso, ma mollai tutto. A sedici anni, studiai l’organo per un anno, ma lo considerai un ripiego, perché avrei scelto la scuola di sassofono, ma… l’avevano abolita proprio in quell’anno. -.-‘
Da lì in poi, non ho più fatto nulla musicalmente, fino a che non ho iniziato a produrre dischi.

MATO GROSSO “Feel the beat”

Come sei arrivato a produrre musica?

Ho fatto qualche produzione con gli amici per gioco, nel 1988. Ho poi iniziato realmente a produrre musica nel 90/91, quando ho conosciuto Graziano Pegoraro. Eravamo molto eclettici entrambi, e abbiamo fatto molte cose insieme, di cui alcune sconosciute al mercato italiano, ma che hanno funzionato bene all’estero. Tra i dischi che abbiamo fatto insieme, sicuramente in Italia, i più conosciuti sono i progetti Ava & Stone e Mato Grosso.

Che ricordi hai di tanti anni trascorsi assieme a Graziano?
Tantissimi ricordi!
Abbiamo fatto circa 130 dischi, una vera avventura! Eravamo una macchina da guerra, molto creativi e affiatati! Ultimamente, non facevamo più musica insieme, ma siamo sempre rimasti in contatto, ed è stato così fino all’ultimo momento, perché prima di tutto, eravamo amici! Ci vedevamo spesso, anche quando andavo a correre mi capitava di incontrare lui o sua moglie. :)
Eravamo un fortissimo binomio di amicizia e di lavoro, ci capivamo al volo e avevamo un forte feeling, è stato un trauma quando ci ha lasciati. Era un fratello maggiore, con lui ti sentivi sempre protetto. A me personalmente, lui ha dato delle possibilità assurde. Quando io l’ho conosciuto, lui aveva già venduto milioni di dischi, ed io ero il “coglioncello” che non aveva mai fatto nulla. Abbiamo creato le prime cose insieme, ma non hanno funzionato per niente. Nonostante questo, lui mi ha dato l’opportunità di andare avanti, perché evidentemente, in me aveva visto qualcosa. Oltre a me, ha dato tante possibilità a moltissime altre persone.

Nel 1991 avete dato vita al progetto Mato Grosso. Raccontami tutto!! *_*

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Mato Grosso è stata un’idea che è partita con il singolo “Neverland” (*che ha dato il via alla saga divina *_* cui poi sono seguiti “Thunder”, “Love”, “Mistery *.*”, “Pyramid”, “Moai *___*”, “Stonehenge”, ecc… )
In realtà, all’epoca il progetto non si chiamava Mato Grosso, bensì Neveland, e “Mato Grosso” era il titolo (*ride).
Invertimmo tutto, perché se “Neverland” ha avuto successo, lo dobbiamo ad Albertino che si era innamorato di quel disco e lo metteva ogni giorno nel Deejay Time. Il fatto è che lo chiamava Mato Grosso e non Neverland, e dato che da questa cosa ricevemmo molto feedback positivo, pensammo di invertire il nome. Fu una cosa clamorosa: ricordo ancora oggi una bellissima recensione fatta su “Discoteque” dal grande Dj Leonardo Leopardo (purtroppo scomparso dieci anni fa). Una persona che ho sempre stimato moltissimo, umanamente e professionalmente.

MATO GROSSO “Neverland”

Béh diciamo anche che… Mato Grosso, come nome, ha tutt’altro impatto! *_*
Eh sì!! Quando poi dovevamo fare il follow up, abbiamo pensato: ma chi se ne frega di fare il nuovo di Neverland, facciamo il nuovo di Mato Grosso!
*______________________________*

MATO GROSSO “Thunder”

Perché avete scelto proprio il Mato Grosso come punto di partenza? (*Questa scelta si è poi fissata in coerenza con tutte le produzioni, che avevano tangibili riferimenti a luoghi mistici :D nei titoli e nei testi, come vedremo dopo)
Quando è stato creato il primo disco, era in corso un grosso film mentale :D:D:D che c’eravamo fatti, dove i suoni di “Neverland”, erano per noi quelli di un’astronave che si dirigeva nella giungla (tradotta musicalmente, nella parte tribale del pezzo). A quel punto, bisognava trovare un nome che identificasse tutto questo. All’inizio, pensai a “Amazzonia” ma era sfruttato e banale, e mentre io mi scervellavo, uno dei colleghi del progetto disse:
“eh vabbé, chiamalo Mato Grosso, no”? Con un’immensa naturalezza -.-‘
Magicamente, quindi, il secondo disco fu il nuovo di Mato Grosso :D (ma…parlandoci chiaro, il nuovo di Neverland…chi se lo sarebbe filato????)

MATO GROSSO “Jungle”PAUUUUUUURA *______*

“Mato Grosso”; “Moai”, “Stonehenge”, “Pyramid”, ecc…: perché questa scelta su luoghi mistici :D e ricchi di mistero?
Ho sempre amato molto leggere, e all’epoca ero immerso nelle letture sui misteri, quindi le piramidi, l’Isola di Pasqua (che ospita i Moai) ecc… Tutti misteri irrisolti, che sono conditi da molta fantasia.
Raccontavo a Marco Melega, che era il rapper che scriveva i testi, ciò che veniva fuori dall’unione tra la lettura di questi libri e i pensieri che avevo io, e lui ascoltava e scriveva. Era molto bravo, perché a volte i miei racconti erano lunghissimi, e lui li sintetizzava e ci faceva un testo rap. Io avevo l’idea e lui la metteva in liriche. Successivamente, c’era un confronto finale, e se il risultato era buono per entrambi, si procedeva al cantato. Volevo anche mandarlo a Sanremo.

MATO GROSSO “Love”

Arriviamo al 1993, e quindi, a “Love” che faceva “Love, what you need is love, love” e oooook :D ma questo, è il disco che all’epoca, in territorio triestino e limitrofo :D veniva comunemente ribattezzato “Go el mal de testa” :D:D sul parlato presente nel finale :D che sembra dica proprio quello, e ora, dopo tutto questo tempo, vorrei capire esattamente cosa dice!!!!
Ahahahahahhahahahahahhahahahahahahahha! No, non dice quello !! :D:D Era uno di quei campioni che usavamo nei pezzi per dare colore! Aspetta un attimo!
(Mi manda un link)
Guarda qui, al minuto 1:09

!!!!!! :D:D Finalmente la mia vita ha un senso compiuto :D :D

MATO GROSSO “Mistery”
*__*

Storpiare i testi dei dischi, all’epoca, era attrattiva comune tra il popolo del dance floor, basti pensare a “Mistery” (un altro grosso successo Mato Grosso), che mai e poi mai :D veniva cantato “Bebele Simele Amele” che sono le reali parole del disco, ma storpiato in ogni modo possibile :D da “Le sette, le cinque, le sette le nove” a modalità più impegnative e vietate ai minori :D
Io compresa, da sola, non ci sarei mai arrivata… ma per fortuna, rientravo tra gli eletti :D che erano a conoscenza delle reali parole, perché ero vinile/munita. Il progetto Mato Grosso, era tra coloro che (evviva!) nell’epoca in cui… fare una ricerca su Google, era un sogno lontano (parliamo infatti del 1994) stampavano i testi sulle copertine. Dicendo questa stro…pidaggine, mi conquisto lo scoop :D:D infatti, Marco mi accenna che ora mi dirà una cosa che non ha mai detto a nessuno *_____*

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Sai, “Bebele Simele” in realtà, non vuol dire assolutamente niente!! :D
Però…
se tu ascolti “Just a Gigolo”, di David Lee Roth, verso la fine, c’è un pezzo dove tutto si ferma e lui fa una cosa con la voce su bianco:


(minuto 4.31…ed eccolo qui :D:D!!! Il Bebele Simele!!!)

Naturalmente, non si poteva prendere il campione, e così l’ho fatto ricantare a un ragazzo, e poi Pegoraro, ha campionato la voce e l’ha spezzettata tutta in mille frame, per poi rimontarla, finché non diventava ciò che volevamo, ed ecco la struttura vocale di “Mistery*____*

A sentire ciò che mi sta raccontando Marco, pensando alla trascuratezza con cui i #producersimbruttiti :D di oggi fanno le tracce che poi osannano con un “out now” su Beatport, mi viene davvero …el mal de testa :D

Dopo lo scoop, ho bisogno di acqua, voi nel frattempo, ascoltatevi “Pyramid” che è il singolo che uscì subito dopo “Mistery”, siamo ancora nel 1994 :)

Mentre mi verso l’acqua, ripenso all’inquietante ballettino coreografico modello “Non è la Rai delle poracce” che io e la mia amica Sabrina facevamo su questo disco, ma per paura che chiuda qui la telefonata :D non glielo dico, lo apprenderà da questa intervista.

Arriviamo a gennaio del 1995 e di conseguenza all’uscita di “Moai” *________________*
e qui, SOOOOOORPRESA :D ci raggiunge Danilo Di Lorenzo, cantante e musicista, che ha prestato la sua voce per “Moai” e “Stonehenge”. #epoibohsbucailcantante :D

Ciao Danilo, benvenuto! :) Come sei arrivato nel progetto Mato Grosso?

Ciao a tutti! :)
Ci sono arrivato, perché nel tempo libero, lavoravo in un negozio di strumenti musicali, e conoscevo Stone (componente del duo di Ava & Stone). Lui mi disse che i produttori del progetto, stavano cercando un collaboratore. Anche se ero giovanissimo e alle prime armi, cantavo, suonavo e mi occupavo di produzione, e così iniziai. La prima cosa su cui lavorai, fu il remix di “Yeh Yoh”, poi mi parlarono anche del progetto Mato Grosso, e diedi il mio contributo anche su “Pyramid” (come programmazione e missaggio). Ero affascinato da questa collaborazione con loro; Graziano Pegoraro aveva scritto i pezzi che io ascoltavo quand’ero bambino! Mentre lavoravamo su “Pyramid”, conobbi il rapper Marco Melega, e parlando con lui del fatto che fosse partito il filone dei misteri legato al progetto Mato Grosso, mi disse che il prossimo disco, sarebbe stato ispirato ai Moai

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*__________________________________________*

Ecco: nell’inverno del 1995, hai cantato per Mato Grosso il brano (a me totalmente indifferente :D) “Moai”. Raccontami tutta la storia di questo brano (compresi i solchi del disco e i nomi delle sfumature dei colori della copertina :D)

MATO GROSSO “MOAI” *_________*

Marco Melega era molto eccitato dall’aver visitato Rapa Nui, quindi mi parlava spesso di questo, e quando scrisse il testo, Graziano Pegoraro mi disse: “visto che tu canti, vai di là e metti giù una guida”. Lo cantai, e divenne il disco. Prima vennero fatte le parti rap da Marco Melega, poi le melodie (che feci io). Era una cosa molto particolare. Ci piaceva e decidemmo di farlo uscire… e piacque molto *_*
(*soprattutto a una tizia strana :D)
. A proposito di sfumature di colori, un sincero applauso va fatto al grafico della Expanded Music, che faceva bellissime copertine.

A quei tempi andavi spesso in discoteca a ballare?
Amo comunicare, quindi non amo molto la discoteca, perché lì non ci riesco. Inoltre, sono negato nel ballo, ho la grazia di una tavoletta di legno messa sul mare. :D Ascoltavo tantissima musica da discoteca alla radio, soprattutto al Deejay Time, con Albertino e Giuseppe.

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Subito dopo “Moai”, ripeti l’esperienza per Mato Grosso con “Stonehenge” #ifyoudanceagain: quale dei due brani ti è piaciuto di più interpretare e quale… oggi, ti fa più piacere riascoltare?

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All’epoca vivevo questa cosa con tranquillità totale. Oggi mi rendo conto che ci sono un sacco di persone che apprezzano e sono contentissimo. “Moai” e “Stonehenge”, sono due brani che hanno storie diverse. “Moai” nacque dalla casualità, e ancora oggi, quando lo ascolto, ripenso a questo particolare, ed è una cosa emozionante.
Per “Stonehenge” abbiamo cercato di mantenere la stessa dimensione di “Moai”, ma con un’atmosfera più onirica. I pezzi erano caratteristici, perché avevano un tiro pazzesco e strizzavano sempre l’occhio all’armonia.

MATO GROSSO “Stonehenge”

senti che cassa!!! *_*

Ringraziamo Danilo di Lorenzo per il suo intervento, (la sua storia come musicista la scopriremo a parte) per ora, torniamo da Marco :) che ringrazio per l’ospitalità :D
Mato Grosso è stato un progetto molto variegato nei partecipanti: perché?
Io e Pegoraro eravamo gli elementi di base, il resto cambiava di volta in volta, perché ci piaceva così, secondo ciò che avevamo in mente. Pensa che il “Love, what you need is love” del singolo “Love”, addirittura l’ho fatto io con la mia voce.

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Assieme ai Datura, siete stati il team più longevo a coprire il filone degli anni novanta con le produzioni!
Sì, è andata avanti parecchio, ma loro sono stati più bravi di noi :)
Sì, ma aspettaaaaaaaaaaaa
Voi avevate un’importantissima cosa in comune con i Datura: lasciavate la vostra impronta!!! Anche a scatola chiusa, un dj, appoggiando la puntina sul vinile, capiva immediatamente che si trattava del nuovo Mato Grosso o del nuovo Datura. Seppur mai uguali, lo stile era inconfondibile!

Questa che mi dici è una bella cosa!!! Vuol dire che c’era personalità!

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Perché è finito il progetto Mato Grosso?
Come tutte le cose, dopo un po’ deve finire. Gli ultimi singoli non sono andati bene, in tutta onestà. “Cliffs Of Moher”, lo avevamo fatto nel 1996 al mio rientro dalle vacanze in Irlanda, dove avevo visto queste rocce sul mare che si chiamano proprio così. Non funzionò, e la stessa cosa accadde per “Destiny” e a quel punto, stanco di otto anni in cui non mi sono mai fermato facendo un disco dietro l’altro, lo stop divenne imposto. Era un periodo assurdo, ma bellissimo. Facevo dischi, c’erano le serate, e in più c’era la radio, e scrivevo pure per diversi giornali. Non ce la facevo più. Saturazione; avevo bisogno di fermarmi, e ho proprio smesso di fare dischi, avevo esaurito la creatività. Ho ripreso quando ho conosciuto Dj Speciale a Rin. Insieme, abbiamo fatto i suoi pezzi e poi volevamo tentare di buttarci nel pop italiano, in realtà purtroppo la cosa non si è mai concretizzata :) Quindi, mi sono proprio fermato con la produzione e oggi …mi pento!

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E allora facciamo finta che riprendi (sento che non è poi tanto far finta, per me ricomincia davvero) chi ti piacerebbe avere come voce nei tuoi progetti?
Bella domanda! Credo che tenterei, per prima cosa, di capire che genere vorrei fare… ma sai che è una domanda davvero difficile?
Mah facciamo così: ti dico che mi piacciono moltissimo Aloe Blacc, voce di “Wake me up” e Dan Tyminski, che ha cantato “Hey Brothers”. Avicii è un ragazzo geniale, perché è riuscito a fare delle cose fortissime nel suo genere, ed è riuscito a mescolare pop, dance, house e country, facendo dei grandi successi. Mi sono piaciuti molto anche gli Swedish House Mafia.
Comunque, un conto è farlo, un altro, è pensare di farlo; sono due cose completamente diverse!
Se dovessi far qualcosa ora, andrei in quella direzione, senza copiare, a modo mio.

Mi dici un progetto degli anni ’90 che ti ha particolarmente colpito?
I Chemical Brothers, i numeri uno in quel periodo.

Ecco, lo sapevo! Mi sono lasciata trasportare dalla Matogrossite :D e ho tralasciato il progetto Ava & Stone !!

(*nel frattempo, mi faccio il film :D del povero Marco, oramai sdraiato per sfinimento con l’unica speranza da un quarto d’ora a questa parte, che la successiva domanda sia l’ultima :D:D #nomamidevimollare :D)

In realtà, è disponibilissimo ^_^ e soprattutto, se la tira zero. Ridiamo sui #bimbiminkiaesagitati ed esprime il suo pensiero:
Quelli che se la tirano sono una razza che non va mai in via d’estinzione, non c’è niente da fare!
Comunque, Ava & Stone, è stato un progetto che è partito da Pegoraro, io sono subentrato dopo. Sapevo che stava facendo questo singolo
Bye Baby

e dato che mi piaceva molto la canzone, chiesi a Graziano di poter fare una versione mia. Da lì in poi, mi ha voluto nel progetto :) e insieme abbiamo fatto
All Aboard
e …
“Yeh Yoh” .

Poi ci sono stati dei problemi di gestione artistica, e la cosa è finita lì.
In ogni caso, non ho chiuso con il fare musica… tornerò presto :)