Lug
03

Nel regno dell’ house music: D.j. Paolo Barbato

di Katya Malagnini
https://www.facebook.com/katya.malagnini

1528639_10152180004496392_70094700_n.jpgL’intervista inizia parlando dell’estinta Movida del Friuli Venezia Giulia, con l’inevitabile assidua ricerca delle cause di questo tangibile tracollo. Se ne parla, riflettendo sul come basti mettere piede nel confinante Veneto (dove già l’aperitivo commerciale è un’altra cosa) per rapportarsi con un’altra dimensione, o ancor meglio, con la vicina Slovenia, terra che Paolo Barbato conosce molto bene, in quanto d.j. resident per anni dello storico locale “Ambasada Gavioli” e guest nelle migliori discoteche.
[i]Paolo porta alto il nome dell’house music dal Friuli nel mondo.
In trent’anni di carriera, tra dj set e produzioni discografiche, ha guadagnato la stima di migliaia di persone che lo considerano tra i migliori esponenti del genere. L’ho incontrato nel suo studio, dove tra note musicali, emozioni e aneddoti, abbiamo ricordato momenti intensi e abbiamo parlato di quanto era vivo, vent’anni fa … quell’angolo tra via Garibaldi e v. Duca D’Aosta nella città di Monfalcone (Go).
Si presenta rilassato, sempre curato e sorridente alla vita e alla sua grande passione per i suoni raffinati, e mi racconta la sua storia con un entusiasmo che trasmette gioia infinita, mentre spilucca qualche mandarino dalla sua borsa. Parlandomi di un suo nuovo progetto che lo vedrà in veste di art director, mi dice che la sua idea per il risveglio della Movida perduta, è quella di puntare sulla politica che funzionava negli anni passati: mirare all’esclusiva.
Paolo è contrario ai dj’s che “suonano” ogni sera in un locale diverso della medesima città, perché un d.j. per un locale deve essere esclusivo, avere una coerenza. Così si crea la richiesta, è questa la politica con cui bisogna proporsi. Funziona, perché si costruisce qualcosa, i personaggi si legano al club e si crea una famiglia.
Paolo obietta anche il discorso dei dj’s svenduti e riadattati, quelli che mettono su qualsiasi disco pur di suonare con la scusa che “la gente vuole quello”. Non lo accetta: afferma che lui non si svende, e che in trent’anni di mixer, non si è mai sentito dire di cambiare musica mentre suonava:
“Nel 1985, quando suonavo alla Manna, il titolare mi disse: Fregatene di quello che ti dice la gente, ho scelto te perché fai questa musica”

Quando hai iniziato a fare il dj?
Come la maggior parte dei dj’s ho iniziato con i festini a casa, nel 1978. Poi sono diventato tecnico radiofonico prima a Sgonico e poi a Duino (Ts) per Radio Mare, che all’epoca era seguita in tutto il Friuli e nel 1982, ebbi il mio primo libretto Enpals come tecnico radiofonico. Di sera, quando la radio chiudeva, io restavo lì e facevo otto ore di mixati in videocassetta, con Roby Koala che dormiva nell’altra stanza :D. Successivamente, Radio Mare s’inventò la “Deejay Competition”, una gara che divenne molto presto importante, la prima nel Triveneto. S’iscrissero un sacco di dj’s, ma … io vinsi, forse anche grazie al fatto che fui l’unico a proporre lo scratch. Al secondo posto, si piazzò Fabrice (Fabrizio Lazzari, che con Andrea Gemolotto e Leo Mas, formò la mitica triade *nda). Seguirono interviste con Radio Capodistria e Rai 2… ma sfortuna volle, che subito dopo, io dovessi partire per il servizio militare. Nonostante questo, non mi scoraggiai. Questa vincita segnò il mio debutto ufficiale come d.j. nelle discoteche, e proprio assieme a Fabrice, iniziai a suonare a “Villa Sospisio” (Sagrado, Go) quando avevo due orette libere, perché poi dovevo tornare in caserma. Nel 1984, poi, iniziai a lavorare al “Valentinis” (storica discoteca di Monfalcone che nel ‘90 divenne “Hippodrome”). Finito il militare nell’ottantacinque, intrapresi questa strada a tempo pieno, e un gestore di un locale di Brescia che si trovava a Grado in vacanza (dove in quel periodo lavoravo assieme a un gruppo di p.r. e ballerini) ci volle tutti per i venerdì, i sabati sera, e le domeniche pomeriggio.

Ti va di ricordare un aneddoto divertente di quel periodo?
Quella volta che portai Fabio Volo nel bagagliaio..per esempio…. :D
Allora, al Miró, il locale dove io lavoravo a Brescia, c’era la prima di Pieraccioni (all’epoca lui faceva il comico in discoteca). Quando salì sul palco e iniziò a esibirsi, s’ingarbugliò notevolmente, con il risultato che la gente lo fischiò a malo modo. Corse “dietro le quinte”, dove Cecchetto gli disse: “Non scoraggiarti, vedrai che la prossima andrà meglio”. Il resto lo sappiamo :) In più, uno dei p.r. del locale era Fabio Volo, cui una volta demmo un passaggio in stazione nel baule di una Citroen Bx Station Wagon. Pensare oggi di aver portato Fabio Volo nel baule dell’auto mi sa d’incredibile.

Come mai hai scelto il genere house?
Non ho mai fatto questo lavoro per i soldi, se lo facessi per quello, lavorerei tutte le sere. Quasi mai, nella mia vita, è capitato che fossi io a chiamare un locale per chiedere di suonare, mi hanno sempre cercato. Questo non lo dico per tirarmela naturalmente, ma per far capire il concetto che io voglio andare in un posto dove sono contenti di avermi. Sanno tutti che faccio il d.j. quindi che senso ha chiamare qualcuno? Se mi avessero voluto, mi avrebbero chiamato loro, no? Io non sarei mai in grado di fare una serata commerciale, non la sento mia, e non intendo tecnicamente. Per me è già difficile creare un programma house fresco, giovane e aggiornato, con tutte le novità che escono ogni settimana. Allora: come si fa a suonare revival, ‘70, ‘80, ‘90, dance, ecc ?
Ti racconto una cosa: ho suonato dal 1995 al 2001 all’”Ambasada Gavioli” (storica location del ballo a Izola in Slovenia) e lì la pista era molto esigente! Non era possibile mettere una “roba qualsiasi”, era un target mirato, che sapeva ciò che voleva. Pensa che la proprietà dell’epoca registrava tutte le serate che venivano fatte e poi, in settimana venivano ascoltate durante le riunioni, con tanto di conseguente recensione della serata. Non avevo mai visto una cosa del genere. Lì dovevi essere preparato e dare il meglio di te: in apertura andare piano, più energico nella parte centrale, e lasciare il segno in chiusura, con cose ricercate, vecchie, che fanno sognare e perché no, anche piangere. Una scuola dura… ma che emozioni! Questo mi ha insegnato che va sempre fatta molta ricerca sonora! Tuttora, prima di un set, a casa ascolto tantissime tracce nuove, promo e dischi dalla mia collezione.
Ho passato anni davanti al muro di casa a provare i passaggi e tuttora lo faccio.

A proposito di guardare i muri :D quanta palestra di questo tipo occorre per essere un d.j. di qualità?
Mah… i software che sono utilizzati oggi giorno aiutano molto nella preparazione dei set, delle scalette. Io a casa provo ancora i set dopo trent’anni, mixo con i vinili, e ripasso anche i dischi vecchi. A me personalmente, l’uso dei computer in discoteca non piace. Posso capire chi utilizza Ableton nei live, che usa il computer perché indispensabile in questo caso, ma per un dj set, è inutile comprare un Mac per mixare due brani con Traktor, non ha senso. In una discoteca, come set up di consolle, io ci vedo giradischi e lettori cd, anche se oramai leggono ogni tipo di formato, intendo comunque una macchina che tu puoi toccare, dove c’é un’emulazione del vinile.

Cosa ti colpisce in una canzone tanto da spingerti ad acquistarla?
Fondamentale è il groove, quindi la ritmica e il basso.

Negli anni novanta, tu avevi lo storico negozio di dischi “Dance All Day” a Monfalcone (Go). Perché lo hai aperto e soprattutto, perché lo hai chiuso?
All’epoca c’erano pochissimi negozi di dischi, ed io stesso dovevo spostarmi per acquistarli. A un certo punto, forse anche perché mi stavo evolvendo musicalmente, è accaduto che non riuscivo più a trovare ciò che m’interessava. Capitava inoltre che ascoltassi dischi bellissimi, ma al momento dell’acquisto, mi sentivo rispondere: “Mi spiace, ma ne ho solo una copia e devo darla a” e quindi, non riuscivo più ad avere la musica che piaceva a me. Per questo motivo, nel 1991, quando erano già sette anni che facevo il d.j. e conoscevo tutti, ho aperto questo negozio di dischi di 48 mq, dove lavoravamo in cinque. Il “Dance All Day” era perennemente nella top 10 dei Dj Service italiani, ovviamente dopo il “Disco Più” e il “Disco Inn”. All’epoca, facevo anche da grossista e fornivo tutti i negozi della (all’epoca) Jugoslavia, mentre iniziavano ad aprire i primi negozi di dischi a Zagabria. Ha funzionato, anche perché eravamo innovativi: se io facevo la stagione al “Kursaal” o al “Mr. Charlie” di Lignano (Ud) per comodità loro, portavo i dischi a tutti i dj’s che si trovavano lì, per non farli venire fino a Monfalcone a sentirli. Li ascoltavano, sceglievano e acquistavano quello che volevano. Il resto lo riportavo indietro. Portavamo i dischi a Gianni Coletti, Andrea Pellizzari, Gabry Ponte (che all’epoca lavorava alla “Terrazza Mare”) e a tantissimi altri. Un servizio aggiuntivo che era molto gradito. Andavamo ogni lunedì a Milano in via Mecenate, e lì incontravamo tutti i negozianti del nord dell’Italia e puntualmente, si faceva baruffa per aggiudicarsi i dischi. Dopo essermeli aggiudicati, il martedì successivo avevo i dj’s croati che mi aspettavano davanti al negozio alle otto del mattino dopo essersi fatti ore di viaggio in auto per venire da me: il negozio era il punto d’incontro di tutti. Dopo alcuni anni, tuttavia, ero saturo di tutti i problemi e ho chiuso. Ho dato troppa affidabilità a molti dj’s, mi sono fidato facendogli credito e ho ricevuto diverse bidonate. Oltre al fatto che non venivano più in negozio da me e che quindi ho dovuto saldare io i loro debiti, andavano negli altri negozi a parlare male del mio, quindi, l’ho prima affittato e poi venduto.

Chi è stato il tuo miglior acquirente?
(intendiamo tra i dj’s della zona)
Gianfranco Amodio era ogni giorno in negozio. Ascoltava tutto e non usciva mai a mani vuote: possiede un bellissimo archivio di dischi. Anche Andrea Fracasso faceva il pieno ogni settimana. Noi fornivamo anche Radio Italia Network e Radio Fantasy, inoltre, spedivamo in tutta Italia, con cinquanta, sessanta spedizioni ogni settimana, e per farle, stavamo fino alle ventidue in negozio. Sloveni e croati, poi, compravano 2-300 dischi a settimana.

I Dj Point in zona sono praticamente estinti: potrebbe funzionare oggi un negozio di questo tipo ?
Secondo me sì, ma impostato come punto d’incontro: bar con attrezzature per dj’s (naturalmente il gestore deve spiegare come funzionano le attrezzature). In molti comprano macchine costosissime per poi usarle per un decimo delle loro capacità, perché non le sanno usare. Un contesto dove poter testare le nuove apparecchiature, una sorta di centro didattico con l’aggiunta della possibilità di consumare qualcosa in allegria, magari supportato da qualche marchio forte, come Pioneer o Traktor per esempio. Certo, se uno pensa di aprire per guadagnare subito, non va da nessuna parte. Come già detto, per tutte le cose ci vuole la passione.

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Quali sono le tue imminenti produzioni discografiche in uscita?
Ho riaperto nel 2013 assieme a Davide Sabadin (Dfc) la mia etichetta “Stereophonic”, anche se gestire tutto, è veramente impegnativo. A me piacciono le cose fatte bene, ma per questo ci vuole una squadra affidabile e ci sto lavorando. Al momento ci sono diverse produzioni in corso che sto preparando per il prossimo WMC di Miami a marzo, dove comunque non sarò presente perché prediligo l’ADE di Amsterdam, che è molto più incentrata sul business. A Miami si fa festa.

Come nasce un tuo pezzo?
Io sono passionale, mi lascio prendere molto dalle mie passioni e mollerei tutto per loro! Non sono un musicista e mi pento di non aver mai studiato musica, ma se ho un cantato in Do Maggiore, riesco ad accompagnarlo con i miei strumenti, perché a orecchio trovo la tonalità. In molti sostengono che sia addirittura meglio così, più istintivo senza i vincoli delle norme della musica. La musica è matematica.
In ogni caso, riprenderò un corso di musica, tastiere di accompagnamento con il Maestro Ballaben che m’insegna ciò che mi serve per quello che faccio io e poi comunque voglio farlo, visto che tra le altre cose faccio corsi per d.j. e per imparare la composizione, a mia volta ho seguito corsi a Londra e ad Amburgo per prendermi la certificazione della Steinberg (*Cubase). Bisogna sempre migliorarsi.
Per le mie produzioni uso molto le drum machine, la parte ritmica la faccio sempre io nei pezzi. Pattern e batterie li programmo tutti io come l’arrangiamento del brano. Quando ho bisogno di parti più melodiche, ad esempio con un violino, mi affido a un musicista di Udine che mi fa le parti e poi l’editing lo lavoro io. Oramai nelle produzioni l’80% è tutto virtuale con computer molto potenti. Però, dipende: ho fatto un disco con il basso suonato da Max Gelsi, o con il violino suonato da Simone D’Eusanio, mi piace avere un’ampia veduta delle produzioni, non mi fossilizzo su un ramo solo, anche perché faccio molte produzioni per conto terzi e produco anche musica dance. Assieme a Simon abbiamo creato un brano per una playmate slovena, che è arrivata quinta all’Award inglese per la musica dance.

Quanto è producente per un artista fare i corsi di djing e di composizone?
Ti faccio un esempio: è come per lo snowboard! :D Io facevo lezioni di snowboard da un maestro, perché all’epoca non c’erano scuole. Il Maestro mi ha detto le due cose fondamentali e dopo dieci minuti, io già andavo. Secondo me, la stessa cosa vale per il d.j. Un corso iniziale per capire la strada, le basi: nel caso del djing parliamo di metrica, quattro quarti, capire la prima battuta, ecc. Questo ti fa partire col piede giusto, ma poi sei tu che ti costruisci la tua strada. Un d.j. non è soltanto tecnica, è anche porsi con le persone: se uno mixa perfettamente in battuta, ma nella serata guarda solo la sua attrezzatura senza degnare di uno sguardo la gente, è destinato a stare a casa. L’approccio con le persone è fondamentale, il d.j. dev’essere una persona completa, i corsi per d.j. non creano mostri che poi portano via il lavoro a tutti.

Facci il nome di un dj/producer che ti piace:
Mi piace moltissimo Uner, con quel sound tribale spagnoleggiante, è molto bravo.
Poi vabbé: Tony Humphries, Frankie Knuckles, Hector Romero, i mostri sacri con i quali ho avuto l’onore di lavorare.
Non mi piace Morales: mi è scaduto dopo averlo visto inviare sms dal cellulare mentre suonava con il Traktor.

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