Ostentazione su Facebook? Il Fisco può accertare induttivamente il reddito
In fase di accertamento induttivo anche Internet può diventare fonte di prova per il Fisco: la sentenza della Cassazione.
La sentenza della Corte di Cassazione n. 9732/2015 legittima il ricorso ad Internet tra i metodi per l’accertamento induttivo, come fonte di prova. Il pronunciamento conferma l’orientamento della giurisprudenza secondo cui, anche in presenza di scritture contabili formalmente corrette, è possibile accertare un maggior reddito sulla base delle cosiddette “presunzioni semplici”.
La decisione si fonda sul principio contenuto nell’art. 2729 del codice civile sull’utilizzabilità delle presunzioni semplici e precisa che, diversamente da quanto accade per le presunzioni legali (come gli Studi di Settore):
“Le presunzioni non stabilite dalla legge sono lasciate alla prudenza del giudice, il quale non deve ammettere che presunzioni gravi, precise e concordanti”.
L’orientamento della giurisprudenza è che il giudice possa far discendere il proprio convincimento esclusivamente da presunzioni semplici, fondandolo anche su un’unica presunzione di tale tipologia, anche contrastante con eventuali altri elementi acquisiti nel corso del procedimento a patto che gli indizi presunti siano ritenuti “gravi precisi e concordanti“, tali da dichiarare non attendibili i suddetti altri elementi ulteriori. In questo modo la prova per presunzione semplice diventa una prova completa, dotata del medesimo valore probatorio degli altri espedienti e prevalente nel convincimento del giudice.
Onere della prova
L’onere della prova, in caso di presunzioni semplici, spetta all’Amministrazione finanziaria, che deve provare la non congruità delle scritture contabili regolari, rispetto ad altri elementi che le disattendono in punto di fatto. Anche in questo caso c’è una sostanziale differenza con presunzioni legali, che lasciano al contribuente l’onere di dimostrare il contrario.
Sentenza Cassazione
Nel caso in esame l’Amministrazione finanziaria aveva accertato ad una società immobiliare, i cui redditi apparivano formalmente esigui e la contabilità in regola, elementi di fatto in palese contrasto quali un alto numero di inserzioni promozionali su Internet per gli immobili da vendere, agende dense di numerosi appuntamenti e block notes pieni di appunti. Elementi “gravi, precisi e concordanti” che apparivano in netto contrasto con l’estremamente ridotto numero di incarichi ufficialmente ricevuti e risultanti ai fini fiscali e che hanno giustificato la rettifica da parte dell’Amministrazione finanziaria dei redditi dichiarati dalla società e dai suoi soci.
Il ricorso presentato dalla società è stato rigettato, per gli stessi motivi, prima dai giudici di merito e poi dalla Sezione Tributaria della Cassazione. Trattandosi di presunzioni semplici i contribuenti avrebbero dovuto dimostrare l’inesistenza del nesso causale tra le presunzioni operate dall’Amministrazione finanziaria e l’accertamento del maggior reddito.
Il ruolo di Internet
Elemento di particolare interesse, da sottolineare, è il fatto che quale indizio utile all’avvaloramento delle presunzioni siano state anche delle informazioni ricavate su Internet: le inserzioni online sono state considerate elementi indiziari che, uniti agli altri, hanno giustificato l’accertamento induttivo.
Fonte: Cassazione – sentenza n. 9732/2015.