La calla di palude, una pianta perenne alta 15-30 cm, nasce da un ceppo cilindrico, verde e cavo, lungo anche 50 cm. Le foglie, distiche, hanno lungo picciolo, lembo cuoriforme, appuntito, largo 4-11 cm, brillante e coriaceo. L’apice del rizoma ha un fusto eretto, nudo, terminante con una spata aperta, acuta, lunga 6-7 cm. Questa spata è verde all’esterno, bianca all’interno; contiene un corto spadice cilindrico, composto di piccoli fiori compatti e sorretti da un corto peduncolo. I frutti sono bacche rosse, di sapore piccante e contenenti semi violacei inglobati in una gelatina vetrosa e trasparente. Sono disseminati dall’acqua e dagli uccelli. La calla di palude forma vaste estensioni nelle paludi, nelle anse e negli ontaneti di tutta l’Europa centrale e settentrionale. Si trova anche nelle regioni atlantiche dell’America del Nord e in Siberia. Si è naturalizzata in Inghilterra; appare solo in forma isolata in Svizzera. I rizomi hanno sapore molto aspro e sono tossici. Sono stati utilizzati in passato in medicina sotto il nome Rhizoma dracunculi palustris soprattutto come vescicatorio. La tradizione popolare ne faceva anche un rimedio contro le morsicature dei serpenti.
E’ sbocciato in Brasile il piu’ grande e puzzolente fiore del mondo, l’Amorphophallus Titanum, chiamato anche ‘fiore-fallo’ o ‘fiore-cadavere’.
Nell’orto botanico di Inhotim (sud-est brasiliano) ha fatto accorrere legioni di ammiratori che, pur di vederlo, sopportano l’odore nauseabondo di carne marcia che rilascia per attirare insetti utili per l’impollinazione. Il gigantesco fiore, originario dell’Indonesia, e’ alto 1 metro e 67 centimetri e vivra’ al massimo per 72 ore.
Senza saperlo, nei nostri giardini e balconi ospitiamo spesso una pianta grassa dalle spiccate proprietà terapeutiche sulla pelle “e dintorni”. Si tratta del Sedumtelephium, noto nella medicina antroposofica. È molto diffusa per la sua fortissima resistenza al sole come al freddo (e la sua straordinaria tenacia a sopravvivere se tagliata). Se con terra a sufficienza, le sua ampie foglie carnose (fino a 5 cm), creano dei discreti cespugli con dei gruppetti di piccoli fiori rosa che formano un ombrello in luglio-agosto. Ad esempio se vi scottate ed applicate subito una foglia, non si forma la bolla e quindi la cicatrizzazione è velocissima, ma prima dovete pelarne la parte inferiore, togliendole la pellicola trasparente. È spontanea in Toscana, ma sembra anche in Istria, dove è conosciuta da sempre per le stesse proprietà dalla medicina popolare. Modernamente ha goduto di molti studi scientifici che ne hanno indagato i meccanismi, grazie al medico toscano Sergio Balatri che ne ha stimolato l’attenzione presso diverse università italiane e straniere. Le sue proprietà sono rimarginanti in genere addirittura su piaghe, ulcere e necrosi cutanea, dissolvendo la parte superficiale di questa, agevolando la crescita dei margini sani. È inoltre efficace soprattutto dove c’è bisogno di “velocità”, come per le ragadi al seno, unghia incarnita, tagli sotto il piede ma anche per idroadenite (ascellare), cisti sebacee suppuranti, complicazioni di ferite, estrazione di corpi estranei sottocutanei, radiodermiti, tendiniti, ustioni di II grado, bartolinite, calli e ipercheratosi in generale, alterazioni o piaghette della pelle, ma soprattutto: ulcere trofiche flebostatiche (delle gambe) e difetti di cicatrizzazione. Per le lesioni minori vanno bene le foglie di ogni stagione; per le cose più serie, il dott. Balatri propone quelle di luglio-agosto, che si possono raccogliere e conservare in freezer intere (avendo cura di separarle tra loro), pelandole dopo 5 minuti. Chi è meno romantico può comprarne la pomata pronta in erboristeria, ad un costo ultra modesto, da non applicare direttamente sulle ulcere ma “intorno”. Esiste anche il gel, più concentrato ed una composizione liquida per le gengive gonfie.