Noduli tiroidei: caratteristiche, terapia e trattamento
Cosa sono i noduli tiroidei
I noduli tiroidei si evidenziano a seguito di un ingrossamento o di una tumefazione al collo.
Si distinguono perché sono ben circoscritti nella zona anteriore del collo e in corrispondenza della ghiandola chiamata tiroide.
Moltissime persone nel corso della vita possono manifestare un nodulo alla tiroide e le cause possono essere diverse, ma solo in piccole percentuali (dal 5% al 10%) si rivelano maligni.
E’ quindi raro che possano trasformasi in un cancro con relative metastasi, anche se è una paura molto diffusa quando ci si accorge casualmente di un rigonfiamento o si scopre la loro presenza a seguito di una visita di routine.
I noduli tiroidei sono infatti, nella stragrande maggioranza dei casi, asintomatici e possono essere multipli, provocare il cosiddetto “gozzo” per l’ingrossamento della ghiandola tiroidea, essere di piccole o grandi dimensioni e anche sintomatici.
Se i noduli hanno una dimensione considerevole il paziente potrebbe lamentare difficoltà di deglutizione o respirazione.
In qualche caso alcuni noduli possono essere caratterizzati da una iperfunzionalità, cioè tendono a secernere grandi quantità di ormoni tiroidei, da cui deriva l’ipertiroidismo.
Questa patologia ha chiari sintomi come eccessiva sudorazione, dimagrimento nonostante l’aumento di appetito, irritabilità, astenia, tachicardia, ecc.
L’incidenza dei noduli tiroidei
Il nodulo alla tiroide è un’evenienza che si riscontra maggiormente nel sesso femminile con un’incidenza quasi 5 volte superiore rispetto agli uomini (6,4% Vs 1,5%).
Il 3, 7% manifesta dei noduli alla tiroide palpabili e sono più frequenti per chi vive in ambienti poveri di iodio (lontano dal mare o con un’alimentazione povera di questo elemento che si trova nel sale, nel pesce, nelle alghe, ecc).
L’incidenza dei noduli tiroidei è molto bassa nei bambini (1,5%), in quanto è una patologia legata all’avanzare degli anni.
Cosa favorisce l’ingrossamento dei noduli tiroidei
Molto spesso i noduli tiroidei ingrossati hanno una componente ereditaria, in particolare se in famiglia c’è chi ha sofferto di cancro alla tiroide.
Oltre alla carenza di iodio anche il fumo può essere un fattore che incide così come l’esposizione a radiazioni ionizzanti, magari per lavoro. Anche se l’incidenza dei noduli è più frequente nelle donne, più spesso si rivelano maligni nei pazienti di sesso maschile.
La diagnosi
Oggi la diagnosi rispetto al tipo di nodulo tiroideo ingrossato si avvale di diversi strumenti, cure farmacologiche e anche chirurgiche, in base alla natura del nodulo.
Il controllo più indicativo è certamente quello ematico, per verificare la concentrazione dell’ormone TSH. Il TSH fa capo a un’altra ghiandola, l’ipofisi, che è responsabile della stimolazione della tiroide riguardo agli ormoni T3 e T4.
Se il valore del TSH è normale, allora non ci sono motivi per fare ulteriori indagini cliniche ma si procede solamente con un esame di diagnostica per immagini (ecografia tiroidea). Se invece è elevato si prosegue testando i livello di Tiroxina libera e di alcuni tipi di anticorpi (detti AbTg e AbTPO).
Se al contrario il livello di TSH risulta basso associato ad altri valori indicativi, si può sospettare un’iperattività del nodulo che si definisce “caldo”.
In tal caso però la possibilità che sia maligno è molto remota.
La diagnostica per immagini è un metodo decisamente efficace per avere un quadro realistico della dimensioni e della natura dei noduli.
Con l’ecografia tiroidea infatti si possono misurare le dimensioni, individuare la sede e il numero. Se il nodulo risulta di tipo “solido” e con calcificazioni molto piccole che hanno un margine irregolare e/o sfumato, si può sospettare una probabilità maggiore che sia di natura maligna.
Anche la scintigrafia aiuta nella diagnosi dal punto di vista endocrino (ormonale) e, per capire il grado di vascolarizzazione del nodulo, si esegue un eco-colordoppler.
Nei casi in cui la probabilità della malignità del nodulo sia elevata, si procede con l’esame dell’ago aspirato detto FNAb con associato l’esame citologico. Si esegue per distinguere i noduli benigni da quelli maligni e quando è probabile un intervento chirurgico per asportare il nodulo o direttamente la ghiandola tiroide con i linfonodi vicini. Questi ultimi sono detti anche “linfonodi sentinella” perché si ingrossano anch’essi e diventano caldi quando c’è un’infiammazione nelle zone circostanti.
La terapia
L’asportazione della tiroide provoca conseguentemente ipotiroidismo, da trattare con una cura farmacologica che si prolunga a vita ed è di tipo ormonale sostitutivo (con L-tiroxina).
Per gli altri casi (ipertiroidismo) ci sono i trattamenti con ionio radioattivo 131 (utilizzato nel caso di un cancro alla tiroide con metastasi), farmaci come il metimazolo, mentre con la levotiroxina si abbassano i livelli di TSH.
M. F.