Museo dei Magredi a San Quirino: ennesima opera fantasma
La lettera amara di un sanquirinese, alle prese con la beffa di un’opera incompiuta tra mille promesse e ritardi.
“Sono anni ormai che ogni volta che mi ritrovo a San Quirino mi capita di leggere sulla stampa o di essere coinvolto in discussioni infinite sul “Museo dei Magredi”, un’opera faraonica che è in letargo nel Brolo, in attesa che qualcuno paghi e riprendano quindi i lavori.
Questa estate 2015 non è sfuggita alla regola, con l’aggravante che più di uno degli amici e conoscenti se ne è uscito con giudizi poco lusinghieri sul fatto che i “folpi” (quelli di Cordenons) avrebbero ritirato la manina, lasciando il cerino in mano a San Quirino, che si ritroverebbe a dover pagare di più, e per un’opera che nessuno nel nostro Paese vuole veramente.
Il tutto dovrebbe essere definito entro la fine di Settembre, quando il Consiglio Comunale di Cordenons dovrebbe formalizzare il suo ritiro dal progetto, accettando il trasferimento a San Quirino di soldi e responsabilità per avanzare nella realizzazione.
Poiché del tutto ne sapevo molto poco, ma con negli occhi l’immane costruzione che da tempo ormai occupa una buona parte del Brolo, rovinando quella che era un’oasi di pace nel centro del nostro Paese (la destinazione a Parco Pubblico è forse una delle poche opere che si salvano fra quelle realizzate a San Quirino in tempi recenti), ma rappresentando anche un rischio potenziale per chi, a dispetto di recinzioni e cartelli, si avventuri all’interno delle impalcature (come ho visto fare a più di un ragazzino), ho deciso di documentarmi e capire meglio la situazione.
Mi sono così procurato qualche delibera di Giunta e di Consiglio sull’argomento, oltre a rileggere qualche articolo di stampa fra quelli che commentavano l’avanzamento o lo stallo del progetto, discutendo poi il tutto con amici che meglio conoscono procedure e tecniche di realizzazione di un’opera pubblica come questa.
Risultato: una tristezza infinita.
A quanto ho appreso, il primo passo verso la situazione attuale deriva dalla ricerca di una soluzione per sostituire il capannone che, sempre nella parte del parco oggi occupata dall’edificio incompiuto, era utilizzato in passato per le feste di Paese (Ferragosto, Sagra, manifestazioni o eventi di vario tipo).
Un capannone di proprietà sanquirinese (la Proloco), dopo che una soluzione precedente in affitto si era rivelata troppo costosa (all’epoca 28 milioni di lire, insostenibili per il magro bilancio dell’Associazione), ma che visioni futuristiche ed ambizioni probabilmente esagerate ritenevano non adatto alle nuove realtà ed esigenze della popolazione e delle sue associazioni, che sarebbero state a loro dire certamente meglio soddisfatte se si fosse potuto disporre di una struttura più grande, meglio concepita, versatile, dove alle feste con panini e costa con polenta si potessero sostituire eventi di maggior pregio, oltre ad aggiungere spettacoli e manifestazioni culturali più impegnate e capaci di attirare partecipanti o spettatori dall’intera Regione ).
Ecco allora spuntare l’idea di una costruzione “in duro”, un palazzo con auditorium, un salone per feste e spettacoli, dei servizi migliori (cucine, servizi igienici).
E se questo significava sacrificare uno spazio supplementare nel Brolo, il Parco cittadino era tanto grande che un edificio ben progettato al suo interno avrebbe dato luce e prestigio, e non tolto spazi di verde, già tanto abbondanti.
Un’idea geniale, alla pari coi tempi, quasi futuristica, cui a quanto mi si dice sarebbe all’epoca stato impossibile opporsi in Consiglio Comunale, nella maggioranza come nell’opposizione.
Restava solo un “piccolo” problema, del tutto marginale. Quello dei soldi.
Ma, come spesso succede nell’amministrazione locale, si pensò che questo piccolo impedimento si poteva superare senza troppe difficoltà, chiedendo aiuto ai livelli superiori (Provincia, Regione e, ultima ma non per questo meno importante come fonte di finanziamenti, l’Europa ed il Bilancio comunitario).
Credo sia facile immaginare come le porte in Regione si siano chiuse quasi subito alle richieste di San Quirino, Udine e Trieste non hanno mai avuto troppa simpatia per quelli di Pordenone, ed anche in questo caso è stato facile chiarire ai richiedenti che finanziare il divertimento dei sanquirinesi non poteva certo essere una priorità in un mondo di richieste infinite provenienti da tutte le Amministrazioni.
Bisognava quindi trovare altre strade, e dato che Bruxelles ha nomea di finanziamenti sempre disponibili e difficilmente erogati a causa dell’incapacità delle Amministrazioni locali (italiane in particolare) di presentare progetti credibili e ben documentati, è apparso subito evidente che sarebbe bastato trovare la “motivazione giusta” per accedere ad un finanziamento europeo (almeno parziale, ma sappiamo che di solito può arrivare anche ad un terzo od alla metà del fabbisogno).
Nacque così il futuro “Centro di Documentazione e Catalogazione dei Magredi”, una trovata geniale, un passe-partout che avrebbe aperto tutte le porte, vincendo ogni resistenza in nome del Territorio e delle sue particolarità, uniche al Mondo (“i Magredi ce li abbiamo solo noi!”).
Qualcuno avrebbe potuto obiettare:
- Centro di Documentazione. Ma che cosa c’era o c’è da documentare a San Quirino e nelle Grave? E’ opportuno creare un Centro dove mettere la documentazione che non esiste? Domanda cui sarebbe stato facile rispondere: tranquilli, la documentazione che per ora non esiste provvederemo a crearla in seguito, dato che fino ad ora la mancanza di spazi è stato l’ostacolo più grande per raccogliere fatti e notizie sui Magredi. . . La stessa Biblioteca, dove pure si sarebbe potuto ospitare una nuova sezione dedicata ai Magredi, non era giudicata adatta ad un’operazione che doveva dimostrare un salto di quantità (più che di qualità) tale da richiamare migliaia di visitatori entusiasti.
- Centro di Catalogazione. Stessa osservazione, con l’aggiunta che per Catalogare occorre anche creare un sistema di catalogazione, cosa assolutamente impossibile senza i documenti di cui sopra. Anche qui le risposte non mancavano: sarebbe bastato un sistema all’avanguardia, con investimenti correlati alla dimensione del fenomeno recensito, sistema che non poteva nascere con tecnologie superate come quelle in uso nella biblioteca, che avrebbero fatto spazio a quelle nuove (ancora da identificare, ma anche questo non era che un problema di tempi e costi superabile).
A questi maligni, che rimandavano alla Biblioteca, al Sito del Comune, alla Villa Cattaneo come luoghi già esistenti (e quindi non da finanziare con importi considerevoli, a carico anche delle finanze comunali), fu dunque facile rispondere che il futuro era nel nuovo progetto, che quindi doveva essere sviluppato e presentato, sicuri di ottenere appoggi ai diversi livelli (politici, amministrativi, culturali) per coprirne i fabbisogni.
Senza dimenticare che l’obiettivo primo e primario era quello di abbandonare il tendone desueto (in termini di modernità, non di età) per poter offrire alla cittadinanza un luogo dove riunirsi per soddisfare le esigenze ludico-culturali di una popolazione che non poteva non godere dei privilegi già concessi ad altri (Roveredo, Cordenons, per non parlare della quasi nemica Pordenone).
Correva l’anno 2008.
Nel bilancio della Regione FVG si trova, fra gli altri capitoli di spesa, il futuro Museo dei Magredi tanto caro all’Amministrazione sanquirinese dell’epoca. Un’opera finanziata dalla Regione con risorse Aster sulla base di un accordo quadro sottoscritto in data 20.04.2009 per complessivi € 2.000.000, di cui € 1.200.000 a carico della Regione FVG e € 800.000 del Comune di San Quirino (in effetti, il progetto essendo comune alle due entità di San Quirino e Cordenons, alla fine la quota parte del nostro Comune sarebbe stata inferiore, in quanto condivisa con Cordenons, che avrebbe beneficiato dei nuovi servizi dell’immobile museale comune).
La data di inizio lavori era fissata al 31.10.2012, la durata contrattuale in 400 giorni, la data di fine lavori al 31.12.2013.
Una decisione che avrebbe dato lustro al Comune ed alla sua Amministrazione, oltre a garantire che le prossime Sagre paesane si sarebbero svolte in locali di livello, meglio di una qualunque delle feste dei Paesi circostanti (tutto sommato, si trattava di pazientare per un paio di Sagre, prima dell’inaugurazione ufficiale del nuovo centro nel Brolo.
Ma non solo, il Museo dei Magredi, come era identificato in Paese il nuovo progetto avveniristico, avrebbe rappresentato per San Quirino fonte di reddito e notorietà, con turisti e studiosi provenienti da tutta Europa per studiare la flora e la fauna del nostro Territorio.
Adesso non restava che trasformare il sogno in realtà, un sogno che in effetti non era più tale, dato che si erano già trovati senza troppa fatica un paio di milioni per cominciare i lavori e renderlo fattibile.
Si sa che, in Italia, chi comincia è a metà dell’opera e che, sempre nel nostro Paese, le prime stime di spesa sono regolarmente abbastanza lontane da quello che sarà il costo finale . . . Trattandosi però di soldi pubblici il problema sarà semplicisticamente quello dei tempi di realizzazione, che magari si allungheranno proporzionalmente ai costi, ma con l’unico rischio per i nostri committenti che qualcun altro tagli il nastro dell’inaugurazione (e che i fruitori del progetto debbano aspettare un poco di più)!
Naturalmente, la realizzazione del progetto implicava la disponibilità di spazi importanti, che non potevano che essere quelli del Brolo, il nostro parco pubblico e polmone verde cittadino, dove sarebbe bastato togliere il tendone delle feste per far posto alla nuova soluzione. Certo, si doveva garantire alla gente la continuità degli eventi (Sagra, Ferragosto ed altre manifestazioni che fino a quel momento avevano trovato posto nella struttura della Proloco), ma che potevano facilmente svolgersi trasferendo per i due anni previsti il tendone stesso nell’area davanti alle scuole elementari di via Mason.
Detto fatto: il tendone venne spostato ed i lavori nel Brolo ebbero inizio . . . Ma furono presto interrotti, come capita spesso nei lavori pubblici nel nostro Paese.
Stavolta però non per il classico ricorso al TAR della ditta perdente nella gara d’appalto o per il fallimento dell’impresa appaltatrice . . . No, sarebbe stata la Legge di stabilità a tagliare le gambe all’ottimismo nostrano, bloccando le risorse dei Comuni (Cordenons e San Quirino), che furono costretti a sospendere i pagamenti, da cui l’inevitabile blocco del cantiere da parte della ditta appaltatrice di fronte alla mancanza di liquidità per coprire anche la parte dei lavori già realizzati.
L’attuale blocco dura ormai da oltre un anno, e come si può immaginare le due Amministrazioni comunali (e soprattutto quella di San Quirino, dato che alla cittadinanza di Cordenons importa poco di avere un cantiere nel nostro Parco, né di non poter visitare un Museo di cui conoscono poco o nulla, oltre ad avere altre strutture per le loro feste paesane o i loro spettacoli) si sono sin dal primo momento date da fare per trovare una via d’uscita, reperendo i fondi necessari per pagare il contratto in corso, oltre ad immaginare come coprire le spese del futuro Museo/Auditorio una volta costruito.
Dato che non si tratta di bruscolini, ma di centinaia di migliaia di Euro, e dato che la pressione per una soluzione del problema, che causava peraltro un danno all’immagine del Comune, incapace di offrire una soluzione accettabile al tendone spostato, dopo tanto arrabattarsi e correre tra San Quirino, Cordenons, Pordenone e Udine, finalmente si è arrivati alla ipotesi oggi in via di realizzazione: il Comune di Cordenons restituirebbe alla Regione il suo contributo inutilizzabile, che sarebbe poi girato a San Quirino che ne avrebbe la disponibilità per pagare l’impresa costruttrice, che da tempo ha bloccato i lavori.
Cordenons uscirebbe in questo modo dall’operazione, che entrerebbe nella totale responsabilità del Comune di San Quirino (anche finanziaria, naturalmente!). Una decisione dovrebbe essere presa dal Consiglio Comunale di Cordenons nei prossimi giorni (non senza opposizioni politiche al suo interno, come possiamo immaginare!). Poi la palla sarebbe nel campo sanquirinese, il cui Consiglio Comunale ha già deliberato in tal senso.
La palla, ma anche le conseguenze, sulle quali mi pare interessante dilungarmi un poco.
Come dicevo più sopra, il valore globale dell’intervento sarà senza alcun dubbio superiore ai 2 milioni previsti e già stanziati: vuoi per il ritardo nel completamento dei lavori rispetto a quanto contrattualmente stabilito (e questo non per colpa dell’impresa ma del committente, che dovrà probabilmente rispondere, oltre che dei costi relativi alla situazione creatasi, anche delle conseguenze per l’impresa del ritardo causato dalla burocrazia statale), ma anche per la definizione dei costi ancora non oggetto di appalto ma necessari per completare l’opera.
Più di un esperto consultato ha stimato una cifra complessiva non lontana dai 4 milioni di Euro necessari per il completamento, il che significa che si dovranno trovare nelle pieghe del bilancio (Comunale, UTI, Regione?) un altro paio di milioni per finanziare la fase finale del progetto della nostra Casa dei Magredi.
Con i tempi che corrono ho dei seri dubbi che Udine e Trieste saranno generose nelle prossime distribuzioni di contributi, anzi . . . Credo piuttosto che rimanderanno al mittente (San Quirino, dato che Cordenons avrà ritrovato la sua libertà d’azione uscendo da questo brutto impegno) la richiesta, lasciando alla nostra Amministrazione e conseguentemente alle tasche dei cittadini il peso finanziario dell’operazione.
E dato che nelle pieghe di un bilancio sempre più magro i milioni sono introvabili, la sola ipotesi che mi pare perseguibile è quella di accendere un mutuo, in modo da diluire il costo dell’operazione in più anni (20, o meglio 30, col denaro che oggi è certamente più a buon mercato che mai) e non strangolare le finanze di San Quirino con un progetto quantomeno discutibile.
E sul discutibile mi pare doveroso tornare, perché molto spesso sento parlare di necessità, di quasi obbligo di fare, in modo da soddisfare le richieste della cittadinanza perché una soluzione sia trovata alle sue esigenze.
Come dicevo, due sono le motivazioni principali addotte per questo progetto che definisco faraonico: il Museo dei Magredi e la struttura “festaiola” per San Quirino.
Sul Museo credo ci sia poco da dire, se non che interessa ben pochi dei compaesani da me consultati (senza statistiche formali: non più di uno su dieci!), consci della spesa enorme per un risultato tutto da dimostrare.
Un mega-edificio capace di stoccare informazioni o documenti è oggi totalmente fuori dalla logica, dato che per archiviare esistono strumenti a capacità quasi infinita su supporti minimi: tutti sappiamo che una chiave USB del costo di pochi Euro può memorizzare migliaia di foto o documenti, senza bisogno di spazi; e questo stesso supporto può essere integrato nel sito comunale senza altri spazi fisici, mentre la nuova biblioteca comunale con il suo locale informatico può fornire lo spazio di consultazione, senza necessità di ulteriori spazi aperti al pubblico e per il funzionamento dei quali sarebbero necessari investimenti conseguenti.
Il Museo (ma questa considerazione vale per l’intera struttura immaginata) richiede poi un bilancio di funzionamento che non può e non deve essere sottovalutato: per esperienza posso dire che con una struttura da 4 milioni di Euro ci vorranno almeno 200.000 Euro all’anno (essendo ottimistici, dato che realisticamente se ne dovranno trovare almeno il doppio!) per spese di funzionamento (personale amministrativo, spese di gestione corrente, sicurezza e sorveglianza, manutenzione dell’immobile, etc.), un 5/10% sul valore della struttura che sarà arduo non solo non superare nella pratica, ma anche ed ancor più difficile da trovare, in un bilancio comunale già all’osso.
Quanto alla funzione “ludica” (salone per le feste e auditorium come prime priorità per soddisfare le attese della cittadinanza), credo che questa sia stata più “venduta” in termini di marketing elettorale, che “discussa” con i potenziali utilizzatori futuri. Tipica di questa Amministrazione essendo la mancanza di dialogo, poiché non mi pare che una vera assemblea abbia mai avuto luogo per discutere del “futuro delle Feste paesane”.
Ci troviamo quindi davanti ad un progetto che avanza a sbalzi, con la popolazione che riceve informazioni non sempre corrette o tempestive, e per lo più attraverso articoli di giornale che riprendono notizie di delibere (sanquirinesi, ma anche cordenonesi) o di interviste al Sindaco a seguito di eventi terzi (bloccaggio di fondi, nuove prospettive di finanziamento o copertura dei costi, nuove date per la disponibilità dei tanto attesi locali.
E così ci si arrabatta come si può, con la Proloco alla disperata ricerca di occasioni per mostrare la sua esistenza in una struttura che diventa sempre più obsoleta (perché metterci mano, se tanto deve durare ancora un paio di stagioni? (Così almeno si diceva all’inizio, mentre oggi l’ottimismo di maniera ha lasciato spazio ad un pessimismo diffuso).
Resta poi la considerazione dei costi.
La Proloco ha da qualche anno ed in seguito ad un intervento salvifico dell’Amministrazione la disponibilità del tendone che, contrariamente a quello che era in precedenza affittato (mi pare all’epoca si spendessero 28 milioni di lire all’anno per la struttura), è di proprietà dell’Associazione stessa e quindi non necessita investimenti significativi per il suo utilizzo.
Immaginando che un terzo solamente delle spese di funzionamento siano imputabili alla seconda finalità (in questo modo sarebbe più significativo un eventuale contributo regionale al funzionamento della struttura, che difficilmente sarebbe giustificabile per organizzare le feste a San Quirino), il bilancio della Proloco (o meglio, del Comune, che ne garantisce la sopravvivenza) dovrà trovare al suo interno almeno 70.000 Euro all’anno per far funzionare la macchina: certamente più del doppio della soluzione in affitto citata, e senza paragoni con la situazione attuale (che pure non è soddisfacente).
Mi chiedo allora:
1. Che senso ha alimentare speranze ed attese con progetti di dubbia utilità ed i cui tempi sono indefinibili a causa della struttura burocratica degli Enti di gestione?
2. E’ veramente necessario realizzare nel Brolo una struttura mega-galattica il cui uso sarà certamente limitato, tanto a livello museale che ludico/culturale?
3. L’Amministrazione è cosciente del fatto che questo progetto non sarà solamente la costruzione di un edificio, ma richiederà in seguito una gestione i cui costi difficilmente potranno essere trasferiti ad altri soggetti che non siano il Comune?
4. Val la pena di spendere milioni di Euro (4 a mio avviso), largamente finanziati dal Bilancio comunale, in un momento in cui si lotta disperatamente per trovare qualche decina di migliaia di euro per il rifacimento dell’asfalto di una strada, od un nuovo impianto di illuminazione stradale più performante, o per un intervento edilizio che migliori le condizioni di utilizzo di stabili comunali obsoleti?
5. Si parla tanto, anche a livello regionale, di Spending Revue. I nostri responsabili a livello superiore (mi riferisco ad esempio alla Presidente Serracchiani o all’assessore Bolzonello (che in quanto pordenonese di estrazione ha certamente una miglior conoscenza del Territorio e delle priorità da soddisfare), sono mai scesi nel dettaglio analitico a livello comunale per trovare il modo di meglio gestire il denaro trasferito dallo Stato (ed in questo caso alla fine probabilmente anche da Bruxelles)?
6. Ha senso continuare in un progetto che ha già assorbito risorse di dubbia utilità (vedi la mia analisi più sopra), gettando nel pozzo senza fine del nuovo Brolo altri 800.000 Euro (per ora, dato che ne occorreranno ancora più di qualche centinaia di migliaia per le fasi successive)?
7. Si è mai valutata l’opzione zero, e cioè l’arresto del progetto e conseguente chiusura degli esborsi pubblici (fatti salvi evidentemente gli obblighi contrattuali esistenti, che dovranno essere onorati)? Magari utilizzando al meglio quanto già costruito per le attività più legate ai bisogni della cittadinanza (e rinunciando ad un Museo ed ad una catalogazione di dubbie utilità pubbliche)?
8. E, se crediti residui fossero ancora disponibili dopo il trasferimento annunciato in seguito alla rinuncia di Cordenons, si è valutata l’ipotesi radicale di radere al suolo anche quanto già fatto, restituendo al parco di San Quirino l’interezza dei suoi spazi, a beneficio di tutti i sanquirinesi?
I tempi felici della disponibilità senza fine di crediti sono finiti, come ben dovrebbero sapere gli amministratori pubblici, ed il futuro non sarà più benevolo per quanto riguarda le finanze pubbliche.
Occorreranno allora nuovi approcci e nuove priorità, dimenticando aiuti od interventi a supporto delle decisioni prese localmente. Impegnarsi adesso con progetti a lunga o lunghissima scadenza (in termini sia di rimborso di eventuali finanziamenti richiesti a banche od organismi di credito pubblico, che di aggravio nelle spese ordinarie per il loro funzionamento) non è il modo migliore di servire la cittadinanza, già costretta da qualche anno a veder ridotte le prestazioni pubbliche, siano esse locali, regionali o statali.
Mi piacerebbe che queste considerazioni e le mie domande potessero trovare risposte. Ma ancor di più che se ne parlasse e che i cittadini potessero esprimersi, così da partecipare a delle scelte che saranno in questo modo condivise e non imposte dall’alto.
Capisco che i tempi sono sempre risicati per ogni intervento, ma a parte la decisione che mi pare sarà presa nei prossimi giorni dal Consiglio Comunale di Cordenons di rinunciare al coinvolgimento nel progetto, penso che esistano spazi per poter analizzare in modo approfondito e trasparente, ed eventualmente modificare anche radicalmente, il seguito di questa operazione tanto discussa e discutibile per la gente di San Quirino.”
Giuseppe Rosin