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Superba la IX di Mahler diretta da Gelmetti al Verdi di Trieste

gianluigi-gelmetti

di Maria Luisa Runti

Estasi, commozione, silenzio e scroscianti, calorosissimi applausi hanno sancito il grande successo della Nona Sinfonia in re maggiore - re bemolle maggiore di Gustav Mahler diretta da Gianluigi Gelmetti, nell’ambito della Stagione Sinfonica 2014-15 del Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste.
Scritta fra il 1909 e il 1910, la Sinfonia n. 9 venne eseguita per la prima volta a Vienna, il 26 giugno 1912, un anno dopo la morte di Mahler, con la direzione del suo fidato amico ed allievo Bruno Walter alla guida dei Wiener Philharmoniker. gustav mahler 3
“… la morte, l’inesplorato dei continenti dalle cui frontiere non vi è viaggiatore che torni…”. Il pensiero Shakespeariano ben rappresenta, a mio avviso, il nucleo poetico ed il contenuto spirituale perfettamente compiuto della Nona Sinfonia in re maggiore di Gustav Mahler. Il direttore d’orchestra olandese Willem Mengelberg annotò, nel 1918, sulla sua partitura della IX sinfonia: “questa composizione è un Addio a tutto ciò che Mahler ama ed al mondo, alla sua arte, alla sua vita, alla sua musica”.
Un “romanzo musicale” che Mahler trasforma in uno specifico, straordinario discorso musicale, una sorta di confessione, un racconto in cui l’autore riconosce se stesso alla luce di una visione del proprio vissuto. Il tema dell’amore e del destino, quello della morte, presagio che si ripresenta varie volte indicando un percorso poetico ben preciso, sono una sorta di celebrazione della morte stessa e della sua ineluttabilità, una drammatica rappresentazione della lotta, del combattimento, della sconfitta e della rassegnazione di fronte al destino. Di grande interesse, per capire la complessità dell’Uomo, oltre a quella del Compositore, sono alcuni brani di una lettera che egli scrisse all’amico Joseph Steiner nel 1879: «Se l’odioso potere della nostra moderna ipocrisia e menzogna mi ha condotto al punto di disprezzare me stesso, se il rapporto tra vita e arte, che in noi mai si interrompe, ha fatto sì che io provi disgusto per tutto ciò che mi è sacro, arte, amore, religione, non esiste altra scelta che l’autodistruzione». Ed ancora: «Il mio riso beffardo si scioglie in pianto d’amore. E devo amarlo questo mondo con i suoi inganni e la sua superficialità e con il suo eterno ridere». Ma il pensiero della fine incalzante porta la sua volontà a superare ogni limite per cogliere e dare un senso alla visione della vita oltre la morte e proprio l’ incursione di questo pensiero, radicato nella sua stessa vita, segna un mutamento nel percorso della Sinfonia. Alban Berg, suo grandissimo estimatore, oltre a Schönberg e Webern, così descrive il primo movimento: «Questo intero movimento è concentrato sul presentimento della morte. Esso si annuncia sempre di nuovo, in esso culmina ogni trasognato motivo terreno (con crescendi che irrompono come sempre nuove ondate dopo i passi più delicati), e naturalmente con la massima forza là dove il presentimento di morte diviene certezza: dove, nel bel mezzo della più intensa manifestazione di gioia vitale, la morte si annuncia con la massima violenza! Con tremendi soli di viole e violini e con suoni cavallereschi: la morte nell’armatura. Contro di essa non vi è più resistenza. Quello che accade poi mi appare come rassegnazione: col pensiero sempre rivolto all’al di là come nel passo “misterioso”, come in un’aria del tutto rarefatta - ancora sopra i monti - come nello spazio vuoto».
Gianluigi Gelmetti ne ha dato una lettura acuta, magistrale e memorabile, una concertazione finissima ed incisiva che ha attraversato registri timbrici e tonali di rara potenza espressiva. Dalle trascinanti armonie quasi epiche in continuo crescendo del primo movimento proseguendo verso le accorate “riflessioni” delle fughe degli archi, alla magnifica “esplosione” delle trombe, dei timpani, grancassa e piatti. I vari momenti sonori si sono intersecati fra possanza di coloriture armoniche, vibrati e superbe sonorità di fiati ed archi. Un “affresco pittorico” di sentimenti ed emozioni di straordinaria coralità, un raffinato dialogo fra le varie voci orchestrali, elegiache rimembranze, asperità e potenza espressiva. Eccezionale il finale con il vastissimo Adagio sfociante in toni degli archi sempre piu` rarefatti, tenui e sottili. Uno sorta di meditazione trascendentale, ove l’ego Mahleriano sembra dissolversi in un’onirica estasi dell’Essere che trascende dalle barriere della morte.
Note tenute sospese nell’immobilità assoluta di orchestra e Maestro. Un quasi silenzio di squarciante, profonda potenza emotiva a cui è seguito un tripudio di applausi. Eccellente ed impeccabile la prova dei musicisti dell’Orchestra della Fondazione lirica triestina.

Affermava G. Mahler: “Una sinfonia deve essere come il mondo, deve contenere tutto”.

MARIA LUISA RUNTI
© Riproduzione vietata

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