Una coinvolgente ‘maratona’ con due capitoli del progetto Io Shakespeare realizzato per la prima volta in Italia dall’Accademia degli Artefatti, dall’opera del drammaturgo britannico Tim Crouch per la regia di Fabrizio Arcuri. Con Io Shakespeare Crouch riscrive note commedie e drammi shakespeariani dal punto di vista di personaggi minori e secondari, attivando un dispositivo che fa rivivere queste storie, realizzando spettacoli ulteriori, imprevedibili e dirompenti: Io Cinna (ore 20.30, produzione CSS con Gabriele Benedetti) e Io Fiordipisello (ore 21.30, con Matteo Angius e Fabrizio Arcuri) in successione domenica 3 agosto al Teatro dei Risorti per Radicondoli Festival 2014.
All’origine, Tim Crouch scrive I Shakespeare pensando al pubblico dei ragazzi, ma il risultato si adatta indifferentemente al pubblico di ogni età. Ogni pièce riesce infatti sia a narrare la vicenda principale di ogni opera che a dare una nuova occasione a personaggi secondari per raccontarla o per dire semplicemente un po’ di battute in più di quante gliene abbia concesse Shakespeare. Ecco allora farsi avanti Banquo, il generale dell’esercito scozzese ucciso da Macbeth, Calibano, abitante solitario dell’isola su cui approda Prospero nella Tempesta, il maggiordomo innamorato Malvolio della Dodicesima notte, o Fiordipisello, che nel Sogno di una notte di mezza estate ha una sola battuta: “Sono pronto”. Infine c’è Cinna, Cinna il poeta, forse scambiato per errore per un congiurante, del Giulio Cesare.
In Shakespeare c’è Cinna il console congiurante e Cinna il poeta. Ma il nome vale di più della persona. Il nome vale una morte ingiusta. Crouch riconsegna un Giulio Cesare rivisto con gli occhi, e riscritto con le parole, di un ciondolante poeta che fa brutti sogni, e che non smette di trovarsi sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato. Come la Storia segna la vita di chi vi prende parte, anche malgrado lui? Una scrittura continua della propria storia a cui gli spettatori possono partecipare. Questa è la vendetta di Cinna il poeta contro se stesso, e contro le parole e contro il popolo che lo ha ucciso: imparare nuovamente la propria storia e costruirne una nuova rappresentazione. Un racconto che non passa solo attraverso il media verbale ma anche quello delle immagini, specchi che moltiplicano una verità politica e sociale, dolorosamente irriducibile. Io Shakespeare è un ciclo che può essere definito “cinque piccole lezioni su Shakespeare”: attraverso di esse, Tim Crouch può infatti raccontare anche la fine dell’idea di Occidente, in cinque diverse declinazioni. Io Cinna declina il fallimento degli intellettuali.
“A concedere dignità a questi personaggi minori del teatro shakespeariano ci ha pensato Tim Crouch, nuovo astro della scena inglese grazie a spettacoli dalla scrittura originale e spiazzante. Nei monologhi della serie Io Shakespeare Crouch immagina che il poeta Cinna, ammazzato al funerale di Giulio Cesare, si riprenda il palco per dire come la parola degli intellettuali non abbia più la forza di convincere le masse. Crouch dà voce a questi personaggi perché pensa che, restati per secoli nelle retrovie, Calibano come Cinna, possano raccontare con lucidità la portata universale dei temi dell’opera in cui sono finiti.”
Emiliano Coraretti, Il Venerdì di Repubblica
POPOLANO: Il nome, signore, dite la verità.
CINNA IL POETA: La verità è che mi chiamo Cinna
POPOLANO: Fatelo a pezzi. É un congiurato.
CINNA IL POETA: Io sono Cinna il poeta, sono Cinna il poeta
POPOLANO: Allora fatelo a pezzi per le sue brutte poesie.
(William Shakespeare, Giulio Cesare, Atto III, Scena III)
IO CINNA,
- le mie parole come coltelli.
Cinna è un poeta perché scrive poesie? O solo perché dichiara di esserlo? O semplicemente perché il suo autore decide di definirlo così, Shakespeare prima e Crouch dopo? (sciogliendo così, didascalicamente, l’ambiguità dell’identità di Cinna: congiurante di Cesare o solo vittima di uno scambio di persona?)
In Shakespeare c’è Cinna il console congiurante e Cinna il poeta. Ma il nome vale di più della persona. Il nome vale una morte ingiusta.
Crouch riconsegna un Giulio Cesare rivisto con gli occhi, e riscritto con le parole, di un ciondolante poeta che fa brutti sogni, e che non smette di trovarsi sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato. Come la Storia segna la vita di chi vi prende parte, anche malgrado lui?
Una scrittura continua della propria storia a cui gli spettatori possono partecipare. Questa è la vendetta di Cinna il poeta contro se stesso, e contro le parole e contro il popolo che lo ha ucciso: imparare nuovamente la propria storia e costruirne una nuova rappresentazione. Un racconto che non passa solo attraverso il media verbale ma anche quello delle immagini, specchi che moltiplicano una verità politica e sociale, dolorosamente irriducibile.
Accademia degli Artefatti ha sempre lavorato mischiando linguaggi – prosa, performance, musica, video, scrittura scenica e drammaturgica – e indagando da una parte le forme dello spettacolo dal vivo, e dall’altra i meccanismi delle posizioni e delle relazioni sceniche. Sempre in un dialogo attuale e consistente con lo spettatore, interlocutore e non semplice ricettore della creazione artistica.
I 5 spettacoli sono allora “5 diversi modi di relazione con il testo, con l’interpretazione e con lo spettatore, che però partono da una premessa comune: si tratta di lavorare su un’esposizione pornografica di sé come attore e come persona, e di riposizionare il proprio corpo e i propri pensieri nel contesto scenico quotidianamente riattualizzato”.