di Maria Luisa Runti
Classe ’82, ha un curriculum da far impallidire un veterano delle scene. Energica, volitiva, inarrestabile nel portare avanti i suoi progetti seguendo, nel contempo, coreografie e regie, Valentina Escobar è un vulcano di idee che realizza con determinazione. Dopo gli studi classici ha frequentato la Scuola d’arte drammatica Paolo Grassi e studiato recitazione e mimo con Narcisa Bonati, una delle attrici preferite da Strehler. Ha altresì studiato pianoforte per dieci anni e canto lirico con Rita Patanè. Nel 2001 ha frequentato la Masteclass al Piccolo Teatro di Milano con grandi Maestri quali Peter Brook e Peter Stein. Intensa la sua attività professionale di aiuto regista, regista collaboratrice, regista, coreografa e direttrice di scena per spettacoli di lirica e prosa al fianco di Maestri quali Henning Brockhaus, Marise Flach, Carlo Battistoni, Giulia Lazzarini, Robert Carsen e Micha van Hoecke, con cui ha lavorato in occasione del suo spettacolo dedicato a Maria Callas. Ha creato e dato vita al “Progetto Shakespeare” prodotto con la collaborazione del Piccolo Teatro di Milano e di Teatro Gioco Vita - stabile di Innovazione di Piacenza che ha portato alla realizzazione di “Antonio e Cleopatra…passioni e poesie”, “La dodicesima notte…amori e sogni”, “Le allegre comari di Windsor” e “Falstaff…teatro, musica e poesia” ideato in occasione del bicentenario verdiano, nonchè “Sogno di una notte di mezza estate… incanti amorosi, poetici e musicali da Shakespeare e Mendelsshon alla Commedia Musicale” che ha conquistato pubblico e critica del Teatro Filodrammatici di Piacenza per quattro stagioni consecutive.
Coreografa, regista e direttrice di scena per spettacoli di lirica e prosa, ideatrice di progetti. Attività molto impegnative… come riesci a coniugarle? A quale campo va la tua preferenza?
Lavoro come direttrice di scena in caso di particolari esigenze e, di certo, preferisco le attività professionali che stimolano la mia creatività. L’ideazione delle coreografie, delle regie e dei miei progetti, sebbene molto impegnativa, richiede anche tenacia, determinazione, razionalità, capacità diplomatiche, accurata osservazione e studio dell’essere umano sia dal punto di vista fisico che da quello psicologico. Metodo, passione ed al tempo stesso competenza professionale e razionalità, continuo aggiornamento per garantirne sia la realizzazione che la qualità. Sia quando do vita ai miei progetti sia quando realizzo le coreografie per gli spettacoli di Brockhaus, cerco un’ appropriata armonia tra teatro, musica e danza. Le mie coreografie nascono sempre dal “teatro danza”, dalla drammaturgia teatrale e musicale, dallo studio delle caratteristiche fisiche-espressive e del talento di tutti gli interpreti – personaggi, siano essi attori, ballerini, artisti del coro, mimi o figuranti.
Hai avuto la fortuna di studiare con dei “pilastri” della storia del Teatro quali Peter Brook, Peter Stein e Micha van Hoecke con cui hai anche lavorato. Quanto hanno influito nella tua formazione? Quali ricordi di quegli anni?
Sono stati molto importanti nella mia formazione e successiva attività professionale, così come lo è stato l’incontro con Micha van Hoecke. Da Peter Brook ho imparato che si può creare un teatro poetico, affascinante anche con un impianto scenografico essenziale (penso al suo memorabile Amleto) concentrandosi sulle luci, sull’espressività fisica e vocale, sullo studio dei personaggi, la recitazione e la figura dell’attore. Sia da lui che da Peter Stein, seppure in modo diverso, ho capito l’importanza della drammaturgia testuale e musicale. Nell’estate 2003, collaborando con il Festival di Castiglioncello, ho avuto la fortuna di assistere quotidianamente alla realizzazione dello spettacolo del Maestro Van Hoecke dedicato a Maria Callas. E’ stato un incontro che mi ha aperto un “nuovo mondo”, mi ha dimostrato concretamente la possibilità di unire il teatro e la danza liberando il linguaggio corporeo dalle rigide ed accademiche regole della danza classica, caratteristica che ora è sempre presente nei miei spettacoli.
L’incontro e la pluriennale collaborazione con Henning Brockhaus hanno un po’ segnato la tua vita. Tue sono le coreografie de “La Traviata” degli specchi con la sua regia e le scenografie di Svoboda. Parlaci di questa straordinaria, “storica” esperienza.
E’ un grande onore, per me, aver creato le nuove coreografie di questa “storica” Traviata, in perfetta sintonia con la regia di Brockhaus e le scene di Svoboda. Ho voluto “immergere” i movimenti del coro, dei mimi e dei figuranti nella dimensione onirica, poetica, erotica, sensuale e nell’arte del fascino, evitando ogni volgarità, facendo tesoro del teatro-danza, lavorando con tutti anche sulla creazione dei personaggi e non solo dei movimenti. Per la tourneè in Oman e la ripresa a Macerata della scorsa estate, ho lavorato con due ballerine ed un ballerino spagnoli di flamenco, cercando un’ armonia tra la musica e la passione verdiana per il mondo spagnolo e questa danza, volutamente resa sensuale nel finale secondo, dall’arrivo di Violetta all’uscita di tutti i protagonisti. Vi sono dei richiami anche al tango, tenendo presenti le caratteristiche ritmiche del n. 26 verdiano; la presenza, talvolta, di due ballerini “mattadori” che danzano con una ballerina solista ed una danza ispirata al flamenco davanti al noto “serpentone”, alla fine della scena delle “zingarelle”.
Mi dicesti: “La soddisfazione più grande per me è riuscire a conquistare il pubblico, abbattere la quarta parete che divide il palcoscenico dal pubblico”. Che cosa intendi per quarta parete?
Intendo quella parete immaginaria che separa nettamente lo spettatore dall’attore e dall’azione scenica impedendogli così di immergersi nel vivo del racconto, di emozionarsi e riflettere con gli attori. Abbatterla significa evitare un teatro che rischia di essere noioso e autoreferenziale. Il “mio teatro” vuole essere piuttosto un teatro umano e poetico con uno stretto rapporto tra recitazione, canto, musica e danza, in cui gli interpreti non siano sempre solo o attori o cantanti, ma siano in grado di alternare l’intensità drammatica e comica a quella musicale, scavando nella profondità dell’animo. Un teatro dove i personaggi siano il più possibile veromisimili, “vivi”, affascinanti , intriganti e divertenti con un cuore, un’anima, una ragione e non solo scritti, “morti”, attaccati alle pagine di un copione; dei personaggi che sappiano emozionarsi , affascinare, incantare, ragionare in modo tale che il pubblico possa riflettersi in loro, ritornando a sognare e lasciando spazio alla propria emotività più profonda, sviluppando la propria fantasia, la propria capacità razionale e creatività insieme a loro.
Hai studiato anche pianoforte, canto lirico e recitazione. Ami l’arpa e ti piacerebbe approfondire questo strumento… Quanto ti sono utili queste discipline nel tuo attuale lavoro? Spaziare in settori diversi seppur affini non rischia di divenire dispersivo?
L’arpa è per me solo un sogno nel cassetto: mi ha sempre affascinata dal punto di vista sia musicale sia estetico, ma gli impegni professionali mi impediscono di dedicarmi anche ad essa. Lo studio del pianoforte, del canto lirico e della recitazione sono stati molto importanti per il mio lavoro. Questo eclettismo non lo ritengo dispersivo ma, lavorando nella lirica e nella prosa, molto utile per accrescere la competenza professionale. Per me è impossibile lavorare bene nella lirica senza conoscere la musica ed il canto o, nella prosa, le tecniche della recitazione-regia, le esigenze fisiche e vocali di cantanti ed attori: significherebbe essere estranei, parlare un linguaggio diverso da quello degli interpreti. La medesima cosa vale per la danza: da quando ho deciso di dedicarmi anche alla coreografia, studio sempre sia la tecnica di quelle che mi interessano, sia il linguaggio corporeo ed il modo migliore per far emergere il talento dei ballerini con i quali lavoro, con un grande rispetto e una profonda ammirazione nei loro confronti.
Fra i tuoi progetti, due mi hanno colpita in modo particolare: il “Progetto Aristofane”: “Le rane e il teatro….una città da salvare” e quello di cui curi la regia: “Sine anima…ovvero il segreto di Tartini”, il nuovo spettacolo scritto dal M° Daniele Ciccolini…
Il Progetto Aristofane è nato con la collaborazione della Nuova Accademia del Teatro Menotti di Milano per avvicinare alcuni adolescenti al teatro ed all’esilarante commedia del commediografo greco, rendendoli protagonisti del laboratorio spettacolo ed appassionandoli. E’ stata una splendida esperienza. In una settimana , sotto la mia guida, provando 7 ore al giorno, ognuno di loro è riuscito a superare le proprie insicurezze e presentare una recita che, visti i risultati ottenuti, sembrava provato da mesi.
“Sine anima” invece è un vero spettacolo di cui firmerò la regia, scritto dal M° Ciccolini, violinista dell’Accademia di Santa Cecilia, dedicato a G. Tartini. Protagonisti una giovane attrice, un giovane violinista-attore ed un attore tra i 40 e i 50 anni ovvero il barbone. In realtà un ex violinista che, dopo aver trovato il violino senz’anima del noto compositore barocco e persi tutti gli affetti a causa della musica e della carriera, si è ritrovato a vivere sulla strada custodendo gelosamente quel violino.
Prosegue anche il fortunato cammino del progetto Shakespeare, quest’anno dedicato allo studio del legame tra Shakespeare, Bellini e Gounod. Ami coinvolgere i giovani, le scuole, la multidisciplinarietà. Com’è nata la collaborazione con la Scuola Galante Garrone di Bologna?
In occasione della ripresa di Traviata per il Festival Verdi di Busseto con la collaborazione del Teatro Comunale di Bologna e del Teatro Regio di Parma, l’ente lirico bolognese ha deciso di coinvolgere anche alcuni allievi della Scuola Galante Garrone come mimi e con i quali ho potuto lavorare benissimo. Hanno dimostrato una grande preparazione. Inoltre avevo già conosciuto la serietà, la metodologia e la qualità di questa scuola pertanto ho cercato dei nuovi, validi collaboratori per la realizzazione del laboratorio spettacolo dedicato al Romeo e Giulietta, attualmente in cantiere. Grazie al tuo prezioso suggerimento ho potuto contattare Vittorio Franceschi, da subito molto cordiale e disponibile. Nel corso delle prove di Traviata, a Bologna, ho avuto la possibilità di conoscerne la direttrice Claudia Busi, spiegarle la mia concezione di teatro, la natura e la storia del Progetto Shakespeare. Da subito ne è nata una grande affinità che ci ha portate a decidere di dar vita alla nostra collaborazione per questo nuovo laboratorio-spettacolo dando la possibilità di parteciparvi proprio anche agli ex allievi della Galante Garrone.
Intendi continuare a sperimentare e spaziare fra rami diversi o ti proponi di fare una scelta ben precisa a cui dedicarti?
Ho già fatto la mia scelta ben precisa: occuparmi di regia e coreografia, realizzando anche i miei progetti ed utilizzando il mio eclettismo per cercare di garantire quotidianamente la qualità del mio lavoro e della mia professionalità con tenacia, metodo, determinazione, costanza, passione e razionalità. Quanto alla voglia di sperimentazione credo che essa sia nel DNA di chiunque decida di occuparsi di teatro, musica , danza o arte; non per insicurezza o dispersione ma per liberare la propria creatività ed evitare di ripetersi annoiando se stesso, il pubblico, gli interpreti stessi e la critica. Credo che chi si occupa di tali branche debba sempre essere alla ricerca di innovazione, anche quando riprende opere già rappresentate. La vita è in continuo divenire e così credo debba essere anche per ogni forma artistica.
Gli impegni frenetici non sembrano lasciare molto spazio alla donna ed alla sognatrice… Ami il mare, cucinare ed inventare ricette, il decoupage, leggere ed ascoltare musica. Come riesci a conciliare i tuoi spazi personali con il lavoro?
Hai proprio ragione Maria Luisa! Il lavoro del teatro è stupendo, ma anche difficile! Richiede molto tempo ed attenzione sia nella fase creativa che in quella di realizzazione nonchè un continuo aggiornamento. Spesso nella fase conclusiva delle prove si lavora anche 16 ore al giorno senza rendersene conto, rimanendo concentrati sul proprio operato. Tuttavia non me ne lamento: è la scelta di vita che ho fatto e ne sono sempre più felice anche perché riesco egualmente a “scavare” un po’ di tempo per me stessa, gli affetti ed il divertimento, soprattutto durante le vacanze o nelle brevi pause tra una produzione e l’altra.
Chi è veramente Valentina Escobar?
Una giovane donna gioiosa e dinamica che adora la vita, la semplicità, il teatro, la musica, la danza, l’arte, il proprio lavoro, gli amici, la mia famiglia, chi la ama (mi riferisco a tutte le forme di amore possibili), la giustizia, la lealtà, la correttezza ed il rispetto per se stessi e per gli altri, osservare e studiare le persone che la circondano, fare nuove conoscenze. Affettuosa, generosa, passionale, sognatrice e sensibile, ma per nulla ingenua e, quando è necessario, razionale, determinata, metodica, protettiva. So difendermi molto bene pur odiando il conflitto e lo scontro. Non sopporto gli individualisti o arrivisti, chi pensa solo ad ottenere il potere e valanghe di soldi magari anche a discapito degli altri. Amo vivere onestamente, serenamente ed in armonia con il prossimo anche se, purtroppo, non sempre è possibile.
Affermava Jean Jaurès: “E’la forza della passione quella che crea la forza della regola”.
MARIA LUISA RUNTI
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