Pensieri sulla musica contemporanea
Suoni della contemporaneità italiana: nel mezzo di grandi distese d’acqua, il flauto di Roberto Fabbriciani
La musica sembra l’unica tra le arti a restare fuori dall’oggettività di un messaggio diretto: se vogliamo rappresentare un ambiente di qualsiasi tipologia (naturale, urbano, umano, etc.) le arti visuali o letterarie saranno specifiche ed implacabili nel raggiungere il risultato, mentre per la musica si tratta tutto a livello metafisico in qualche parte del cervello; tuttavia quello che può passare per un’incredibile eccezione ci dà invece la possibilità di accrescere le prospettive, far conto su più moti sensori, effettuare un dettaglio che le altre arti faticano a presentare, e ad esercitare sul nostro inconscio una serie di sviluppi immaginativi che comunque ricavano dai suoni la loro capacità di associazione.
Gli studi sulla “liberazione” del suono hanno attratto un vasto campo della musica, spintosi nei meandri della psicoacustica persino fino nei settori ritenuti leggeri (l’ambient music o la new age): i compositori hanno avuto bisogno di uno studio appropriato sugli spazi acustici e di una rigenerazione dell’elettronica, divenuta nel frattempo sempre più sofisticata e pronta nel supportare le scelte dei compositori e musicisti. Per alcuni strumenti in Italia abbiamo raggiunto livelli di approfondimento che nessun altro paese è riuscito ad eguagliare e certamente la materia del flauto è una di quelle su cui insiste ancora oggi il nostro primato.
La Stradivarius ha da poco pubblicato uno splendido cd di Roberto Fabbriciani, che ci permette di ascoltare e dare risalto al flautista-compositore: questa dicotomia, in realtà, è molto labile, poiché Fabbriciani ha svolto un ruolo fondamentale anche nelle opere inizialmente pensate dagli altri compositori. In tutti i casi il suo approccio è sempre stato serio e costantentemente aperto a nuovi stimoli e alla verifica della sperimentazione effettuata: affascinato dalla dimensione e dalle tecniche possibili per ottenere elementi in grado di entrare nelle dinamiche interiori del suono, Fabbriciani ha collaborato agli esperimenti unici di Nono, aperto strade impossibili della percezione assieme a Sciarrino, assecondato molta composizione contemporanea di valore e ha moltiplicato i suoi sforzi verso la comprensione del suono e il suo ingrandimento; grande interprete del flauto contrabbasso e costruttore dell’iperbasso, Fabbriciani si è poco interessato di sviluppare il virtuosismo a tutti i costi (che pur c’è!), mostrando molto più interesse per la morfologia del suono e per le sue trasformazioni ludiche grazie a nastri e live electronics.
Alluvione (questo il titolo del nuovo cd Stradivarius) riporta 9 composizioni tracciate in un arco di tempo piuttosto lungo (dal 1970 al 2017) che affrontano uno dei temi simulatori più cari a Fabbriciani, ossia il rilievo che l’acqua assume nella nostra vita tenuto conto delle sue più varie manifestazioni: può essere espressione della fantasia di giochi infantili o denuncia angosciosa di un evento climatico, può essere voglia di penetrare nelle forze liquide o trovare spettri giganti in grado di fornire dettagli sonori immacolati. Alluvione non è la prima registrazione di Fabbriciani in materia elettroacustica, dal momento che la Stradivarius aveva già pubblicato nel 2014 un’altro ciclo di sue invenzioni (Zeus Joueur de flutes), mentre potrebbe costituire una giudiziosa continuazione alla pubblicazione che la ColLegno fece nel 2007 dal titolo Glaciers in extintion, un magnifico studio sull’iperbasso che intendeva quasi mostrare la sofferenza per la perdita di disponibilità di acqua sulla nostra terra.
Con il consueto intervento di Alvise Vidolin, Alluvione tira in ballo non solo la perizia su vari tipi di flauto utilizzati (iperbasso, contrabbasso, contralto, traverso) ma anche un sistema di elaborazione elettronica del suono che serve per creare attorno al flauto l’ambiente ideale di esplicazione sonora, che è rivestimento e confronto, con una relazione che parte dalla microfonazione, passa attraverso il software ed esce sotto forma di amplificazione acusmatica (naturalmente nelle composizioni in cui è richiesta la presenza dell’elettronica). Si compongono così suoni vivi e si accolgono quelli inudibili, nell’ottica di quella detronizzazione compositiva alla Cage, in cui è praticamente impossibile fissare su partitura la totalità dei crismi e dei livelli interpretativi dell’esecutore. Consci di questa realtà possiamo riconoscere come il pensiero del flautista italiano non possa fare discriminazioni sul tipo di supporto elettronico (nastro o live electronics), e non sia permessa un’analisi probatoria differenziata per tipologia di registro: se si eccettua il Fantasioso sognante (1976, per flauto e nastro), che sembra l’unica composizione pìù difficilmente accreditabile al tema presentato, le altre sono perfette manifestazioni simulatorie della loro nomenclatura; pezzi come Corrente, Alluvione, Suono Sommerso, Deflusso, etc. sono ponderati da profonda riflessione artistica e del vissuto interpretativo, dove il complesso delle tecniche estensive, l’accelerazione sulla ricerca timbrica e la volontà esplorativa mettono in ginocchio qualsiasi dubbiosa ricostruzione.
In Alluvione (1970, per iperbasso) c’è una serena linea melodica che soggiace al clima di overtoni che si irradia immediatamente nell’ascolto, un pezzo che offre un gancio alla composizione colta ed un’altro indiretto ai tanti musicisti new age ed ambient che spero l’abbiano presente nella loro formazione; nei 6 minuti di Dal Profondo (2012, per iperbasso e nastro magnetico) si concepisce un ritorno in superficie simile alla colonna di fumo rosso che sale nell’installazione di Anish Kapoor, dove i suoni dell’iperbasso sono fortissimi, in forte rilievo di materialità; il finale di Fantasy Falls (1992, per iperbasso, nastro e live electronics) al contrario è qualcosa che tende al basso, è una rapsodia gioiosa che fa pensare ad una discesa felice e continua dell’acqua verso le foci naturali.
Questa è musica che supera qualsiasi incongruenza della contemporanea, e pur essendo plasmata su di essa rilascia un godimento che è emotivamente alla portata di chiunque; è culturalmente importante, è competente, ma è anche piacere, pura delizia e soddisfazione per l’ascolto del suono e delle sue finezze.
Diritti Riservati - Pubblicato da Ettore Garzia
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Cover: Foto di Luisella Botteon