dal 26/10/2014 al 20/12/2014
Opere eterogenee di una rosa di artisti che all’interno della propria ricerca si sono avvalsi della citazione volontaria o involontaria per generare significati “altri”.
La Fondazione Biagiotti Progetto Arte è lieta di presentare domenica 26 ottobre alle ore 17.00 la mostra collettiva CECI N’EST PAS UNE IDÉE a cura di Gino Pisapia con le opere di Emanuele Becheri, Andrea Mastrovito, Alexandros Papathanasiou, Luigi Presicce, Giuseppe Stampone e un videoclip dei Baustelle.
CECI N’EST PAS UNE IDÉE, letteralmente tradotta in “questa non è un’idea” è un’espressione che mediante una negazione intende sancire un’ironica e al contempo “reale” affermazione di quanto appena dichiarato.
Essa rimanda immediatamente all’opera “Ceci n’est pas une pipe”, pittura realizzata tra il 1928-29 dal belga Renè Magritte, che attraverso il “tradimento” dell’immagine proponeva una lettura ragionata della didascalia in stretta relazione all’immagine dell’oggetto dipinto. La didascalia assumeva perciò il valore di contestazione, contraddicendo il criterio di equivalenza tra somiglianza e affermazione, attivando un doppio livello di lettura tra significante e significato.
CECI N’EST PAS UNE IDÉE diviene perciò quasi una sorta di slogan di “spostamento”, che ha origine dal titolo omonimo di un lavoro, inedito, del 2013 di Emanuele Becheri e fornisce l’input d’avvio all’intera esposizione.
Da questa suggestione, di per sé parafrasi, citazione traslata, nasce l’esigenza di riflettere sul concetto stesso di citazione e sulle sue possibili o quantomeno probabili declinazioni. Perciò in questa direzione vanno a collocarsi le opere eterogenee di una rosa di artisti che all’interno della propria ricerca si sono avvalsi della citazione volontaria o involontaria per generare significati “altri”.
Essa diviene perciò strumento di indagine e di interrogazione grazie alla quale creare nel presente nuovi modelli linguistici capaci di rinnovare il processo creativo.Inoltre la citazione contribuisce alla ri-scoperta del passato e all’interpretazione del presente, senza sostituirsi alla storia, in una forma che produce visioni piuttosto che posizioni.
Il percorso espositivo si snoda all’interno degli articolati spazi della Fondazione Biagiotti creando una sorta di contrappunto visivo dove le immagini mediate dalle differenti tecniche, assumono, legalizzando, il senso tematico della mostra. Esclusivamente per una comodità narrativa si potrebbe suddividere la mostra in tre registri.
Il primo è definito dal basement, nella cui sala più interna e allo stesso tempo più “profonda”, in una sorta di ipogeo, trova la sua collocazione Ceci n’est pas une idée, 2013, di Emanuele Becheri (Prato, 1973), costituita da un brandello di lastra di vetro irregolare sul quale l’artista realizza con inchiostro tipografico, quasi come fosse la matrice per un monotipo, la frase che suggerisce il titolo all’esposizione e attraverso un gesto unico ne ribalta il senso stampandola su uno spesso supporto di carta. L’istantaneità del gesto unico non gli consente dunque ripensamenti ma solo la possibilità di registrare e prendere coscienza di quanto accaduto.
Nella sala attigua invece un vecchio televisore a tubo catodico trasmette in loop Un romantico a Milano, 2006, videoclip dei Baustelle (Montepulciano, 1996) diretto da Lorenzo Vignolo, prolifico regista italiano. La rock band composta da Francesco Bianconi, Claudio Brasini e Rachele Bastreghi, omaggia attraverso questo lavoro lo scrittore, saggista, giornalista e critico televisivo Luciano Bianciardi toscano di origine e milanese di adozione morto prematuramente nel 1971. Interamente girato a Milano il videoclip, colto e ironico, si pone in maniera critica nei confronti di una città cosmopolita come il capoluogo lombardo, superficiale e irriconoscente verso i “suoi” grandi personaggi del ‘900 come Piero Manzoni e Bruno Munari, costruendo un racconto ad arte che da Truffaut arriva a Godard passando per Luciano Lutring e Chaplin.
L’esposizione prosegue, nel secondo registro, con l’istallazione site-specific, Mental Parking, 2014, di Giuseppe Stampone (Cluses, 1972) costituita da una giungla ordinata di cartelli stradali sui quali l’artista disegna con le penne Bic colorate, eleganti ritratti iperrealistici di icone dell’arte o di opere molto note ed emblematiche, accostate con ludica irriverenza a frasi, parole, luoghi ed eventi della storia passata e presente. Tale operazione gli consente di fagocitare in maniera esponenziale un notevole flusso di informazioni provenienti dalla rete, quindi da un sistema di comunicazione di massa globalizzato e iperproduttivo, sceglierle e collocarle secondo uno schema di relazioni precise.
Un atteggiamento differente è invece assunto da Andrea Mastrovito (Bergamo, 1978) che nell’opera, 1 Samuele 17, 2014, realizzata ad hoc per la mostra, utilizza una riproduzione in gesso in scala ridotta del David di Michelangelo e posizionandola davanti alla parete v’interviene, disegnando indistintamente su entrambe le superfici con la grafite.
L’immagine prodotta diviene una sorta di mimetismo “perfetto”, dal punto di vista solo e unico, andando a condizionare la distanza di fruizione dalla quale sembra sparire il gesso del David in favore dell’immagine disegnata che riprende scenequotidiane dell’eterno conflitto tra ebrei e palestinesi che rivive in David nel racconto di Samuele.
Nella sala adiacente è Alexandros Papathanasiou (Swansea, 1977), a presentare One Lie, A Thousand Truths, 2014, scultura inedita, che nasce da un lavoro del 2013 simile nella tecnica ma differente per titolo e forme. Costituita da materiali poveri, un sacchetto da regalo dorato e del cemento, l’opera inscena attraverso la finzione della sua “materia”, un gioco tra forma e sostanza, peso e apparenza, vibrazione e stasi, che apre all’artista le infinite vie e le numerose affascinanti possibilità che i materiali di uso quotidiano offrono. Tali materiali consentono perciò un utilizzo flessibile e dinamico grazie ai quali la ricerca della “forma perfetta” diviene pretestuosa per sottolineare una posizione critica precisa rispetto alla “realtà” delle cose e al binomio etica-estetica e forma-contenuto.
Infine ascendendo al terzo registro dello spazio, completa il percorso espositivo Luigi Presicce (Porto Cesareo, 1976) con il video Le tre cupole e la torre delle lingue, 2013, realizzato in occasione della performance, svoltasi a Palazzo Daniele a Gagliano del Capo e s’inserisce nell’ampio ciclo, Le storie della Vera Croce, al quale l’artista lavora ormai dal 2012. Senza distaccarsi delle sue “classiche” atmosfere epifaniche, Presicce racconta, attraverso l’analisi comparativa, delle possibili analogie costruttive tra la cupola della Roccia a Gerusalemme, la Grosse Halle progettata per il Terzo Reich, mai realizzata, e la cupola del kaffehaus di Palazzo Daniele, più storie parallele che tra simboli e allegorie si fondono e s’intrecciano in una narrazione “altra” unica e totalmente decodificabile.
In occasione del finissage verrà presentato il catalogo in edizione limitata.
Inaugurazione 26 ottobre alle 17.00
Biagiotti Progetto Arte
via delle Belle Donne, 39r-Firenze
http://www.artbiagiotti.com/
Orario: dal martedì al sabato, ore 14-19
Ingresso libero.