di Maria Luisa Runti
Applausi scroscianti hanno coronato il debutto, in prima nazionale assoluta, della nuova creazione di Walter Matteini ed Ina Broeckx, andata in scena il 9 u.s al Teatro “Giuseppe Verdi” di Pisa. Ardua sfida questa realizzazione poichè non si tratta dell’ennesima rivisitazione de “Il lago dei cigni” di P. Čajkovskij ma bensì dell’analisi del saggio filosofico di Nassim Nicholas Taleb le cui opere si concentrano sulla probabilità e sulla casualità. Trattasi di saggi non tecnici ma che si focalizzano sull’imprevedibilità della sorte, sul “Cigno Nero”, appunto, che consiste in un evento imprevisto (ed imprevedibile) di grande portata, e sul capire come porsi nei confronti della casualità che governa il mondo. Il “Cigno Nero” è il secondo testo di Taleb della trilogia appartenente alla serie dell’incertezza (o trilogia dell’Incerto) ed è stato inserito dal Sunday Times tra i libri che hanno cambiato il mondo. Il “Cigno Nero” è un evento isolato e inaspettato, che ha un impatto smisurato, e che, solo a posteriori, può essere spiegato e reso prevedibile.
Matteini e Broeckx si sono ispirati a questa difficile ed interessantissima tematica concettuale per tramutarla in danza e gestualità, per esprimere con forte ed innovativa potenza interpretativa il pensiero di Taleb, vincendo la sfida ed offrendo uno spettacolo di profonde, sofferte, laceranti emozioni in cui momenti di grande lirismo si sono alternati ad altri di forte, drammatico impatto. In un palcoscenico di quinte nere, pressoché vuoto di scenografia, la ImPerfect Dancers Company ha reso magicamente la lotta esistenziale fra ego nascosto, sublime poesia, timori e collera aggressiva in un continuo crescendo di alternanze emozionali legate da un “fil rouge” che, pur nel rispetto del saggio Talebiano, ha lasciato spaziare fantasia ed innovazione con straordinarie coreografie dove ogni passo ed ogni movimento esprimevano l’emblema mentale del Cigno Nero che alberga in ciascuno di noi. Odette e Odile de “Il lago dei cigni” sono soltanto un pretesto che permette di sottolineare con vigore l’imprevedibilità dell’esistenza, del fato che tira le redini del nostro quotidiano senza che noi se ne sia realmente consapevoli. Secondo la logica del Cigno Nero ciò che non sappiamo è ben più importante di ciò che è noto. Straordinaria Ina Broeckx che con danza e gestualità fortemente espressive ha toccato una gamma emozionale preziosa di sfaccettature interiori a volte sublimi ed accorate, a volte intrise di aggressivo impeto. Ottimo il livello di tutta la Compagnia (Armando Rossi, Julio Cesar Quintanilla, Maria Focaraccio, Valerio Iurato, Stefano Neri e Katherina Nakui) che ha offerto un affresco corale intenso ed armonico di vibrante drammaticità.
Eleganti nella loro raffinata semplicità i costumi ideati dalla Broeckx, a cui si deve anche la scenografia. Bianco e nero, qualche pennellata di rosso ed una magnifico turchese che esalta l’armonia dell’insieme.
Magica la scena finale che vede una “pioggia” di petali rossi avvolgere i danzatori mentre una straordinaria cascata dorata li “inghiotte” fino a quasi farli scomparire in un onirico aldilà mentre echeggia con forza il drammatico ed allegorico il grido ripetuto di Armando Rossi (Cigno Nero) che conclude lo spettacolo, quasi a ricordare con la voce e non con la gestualità il Cigno Nero che alberga in ciascuno di noi, seppur inconsciamente.
Interessanti le musiche e gli arrangiamenti di Massimiliano Pace. Una “costruzione” tonale che ben sottolinea l’azione frammista al tema focale dell’opera di Čajkovskij, a brevissime reminiscenze pucciniane ed a Steve Reich. Efficaci e di effetto le luci di Bruno Ciulli.
Lunghi, convinti applausi e ripetute chiamate alla ribalta hanno coronato il successo della magnifica serata.
MARIA LUISA RUNTI
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