Eliconie

di Maria Luisa Runti

Serata straordinaria, il 17/12 us, al Politeama Rossetti di Trieste, con “Enrico IV” di Luigi Pirandello, interpretato e diretto da Franco Branciaroli, nella produzione del Teatro de “Gli Incamminati”. Teatro pieno, applausi scroscianti, anche a scena aperta, numerose chiamata alla ribalta.
Considerato il capolavoro teatrale di Pirandello assieme a “Sei personaggi in cerca di autore”, “Enrico IV” è uno studio sul significato della pazzia e sul tema caro all’autore del rapporto, complesso e pressochè inestricabile tra personaggio e uomo, finzione e realtà. L’opera fu scritta per Ruggero Ruggeri che accettò subito la proposta e debuttò in prima assoluta il 24 febbraio 1922, al Teatro Manzoni di Milano. Il profondo significato di Enrico IV ben si palesa e sintetizza nelle sue parole del terzo atto:

« Preferii restare pazzo e vivere con la più lucida coscienza la mia pazzia […] questo che è per me la caricatura, evidente e volontaria, di quest’altra mascherata, continua, d’ogni minuto, di cui siamo i pagliacci involontarii quando senza saperlo ci mascheriamo di ciò che ci par d’essere […] Sono guarito, signori: perché so perfettamente di fare il pazzo, qua; e lo faccio, quieto! - Il guaio è per voi che la vivete agitatamente, senza saperla e senza vederla la vostra pazzia. […] La mia vita è questa! Non è la vostra! – La vostra, in cui siete invecchiati, io non l’ho vissuta! »

A livello registico Branciaroli ne ha fatto una lettura straordinaria, diversa dal consueto, pur nel totale rispetto del testo. Ha sottolineato una sorta di ambiguità giocando sul piano della follia non follia sin dall’inizio, muovendosi quasi su due binari paralleli dove si potrebbe percepire che la dichiarata, iniziale pazzia già nasconda una sorta di risveglio. Il teatro nel teatro, il personaggio nel personaggio. Una lettura scarna, profonda ed analitica dove ogni personaggio acquisisce lucida forza espressiva. A livello attoriale Franco Branciaroli, per la prima volta nella sua carriera, affronta il drammaturgo siciliano e lo fa con un’interpretazione magistrale. Poliedrico, eclettico, raffinato interprete dei maggiori Autori contemporanei e non (da Ronald Harwood a Thomas Bernhard, da Testori a Carmelo Bene, da Goldoni a Shakespeare, solo per citarne alcuni), il suo Enrico IV è il dolore, sconsolata spietatezza, lucidità severa e spiazzante ad un tempo. Tocca, in modo superbo, tutte le corde dell’animo umano reinventando la sua vita da lucido e non da folle, facendosi giustizia da sé, ben conscio di ciò che lo attende. Accanto a lui recitano Melania Giglio, Valentina Violo, Tommaso Cardarelli, Giorgio Lanza, Antonio Zanoletti, Sebastiano Bottari, Mattia Sartoni, Pier Paolo D’Alessandro, Andrea Carabelli e Daniele Griggio. Una compagnia di ottimo livello in cui si sono distinti Melania Giglio (La Marchesa Matilde Spina) e Antonio Zanoletti (Il Dottor Dionisio Genoni).
Magnifiche le scene di Margherita Palli, a cui si devono anche i costumi. Il tema del cavallo si impone, quasi ossessivo, in sembianze diverse, dalla spettacolare immagine dell’armatura, che può far pensare alla cavalcata dell’ Aleksandr Nevskij di Ėjzenštejn a quelle delle teste di due splendidi animali per finire ai cavallini di una giostra, la giostra della vita dove noi, “pupi”, ci muoviamo. Di grande effetto le due immagini fotografiche del primo atto. Delicate “vetrofanie” inserite in due triangoli irregolari e velati, come fossero ghiaccio che lentamente si scioglie e scompare. Più aggressive e reali nella seconda parte a sottolineare la conclusione del dramma. Molto belle ed a tono le luci di Gigi Saccomandi che accentuano le diverse atmosfere.

Affermava Luigi Pirandello in Enrico IV: “Trovarsi davanti a un pazzo sapete che significa? Trovarsi davanti a uno che vi scrolla dalle fondamenta tutto quanto avete costruito in voi, attorno a voi, la logica di tutte le vostre costruzioni.”

Repliche sino al 21 dicembre

MARIA LUISA RUNTI
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