Dallo scorso 6 aprile il Museo dell’Ara Pacis a Roma, vetrina d’eccezione per alcuni degli eventi culturali più interessanti della capitale, ospita la splendida mostra “Claudio Imperatore. Messalina, Agrippina e le ombre di una dinastia”. Un’esposizione che durerà fino al prossimo 27 ottobre e che mette insieme importanti testimonianze storiche, documenti e reperti selezionati prodotti dalla Sovrintendenza Capitolina in collaborazione con il Musèe de Beaux Arts di Lione. Già tenutasi nel capoluogo francese tra il 1 dicembre del 2018 e il 4 marzo del 2019, questa riedizione della mostra in salsa italiana presenta una novità che consiste nell’inclusione del ritratto di Germanico Giulio Cesare prodotto dalla Fondazione Sorgente Group. Un’opportunità unica per osservare la ricostruzione della fisionomia del nipote di Augusto, primo successore in linea di sangue per l’imperium del quale Claudio subì il pesante fardello di un confronto costante che lo tormentò nel corso dell’intera carriera da princeps.
(Photo by Marie-Lan Nguyen / CC BY 2.5)
Come suggerisce il titolo stesso della mostra, si è cercato di mettere in luce l’operato ambiguo e i lati oscuri del quarto imperatore della dinastia giulio-claudia, primo princeps ad essere nato fuori dall’Italia (nacque infatti a Lugdunum, l’antica Lione di fondazione romana, il 10 a.C.). Sotto i riflettori anche le personalità equivoche delle ultime due donne con le quali contrasse matrimonio dopo Plauzia Urgulanilla e Elia Petina. Claudio si sposò infatti con quattro nobildonne patrizie, le ultime due furono Valeria Messalina (un terzo matrimonio forzato da Caligola il quale, una volta preso il potere, impose la scelta della consorte al fratello di Tiberio) e dopo la condanna a morte di quest’ultima si legò in ultimo alla nipote Giulia Agrippina Augusta, madre del quinto imperatore della dinastia giulio-claudia Nerone. Sia Messalina che Agrippina rispecchiano perfettamente alcuni dei “vizi capitali” della corte imperiale romana. La prima è stata resa celebre dalla storiografia per l’insaziabile appetito sessuale e i numerosi amanti mentre la seconda fu tessitrice di grandi intrighi tanto da essere sospettata dell’uccisione stessa dell’imperatore Claudio per favorire l’ascesa del figlio. In questa mostra si cerca di delineare il ritratto di un imperatore eclettico, le cui attitudini personali sconcertarono i suoi contemporanei, sebbene il suo operato sia poi stato ampiamente rivalutato dagli storici contemporanei. Claudio era un uomo estremamente superstizioso, circondato da una corte di àuguri e indovini tra i quali senz’altro si ricorda anche l’astrologo Balbillo il Saggio, personaggio che graviterà intorno alla corte imperiale fino all’epoca di Vespasiano. Il quarto imperatore della dinastia giulio-claudia era anche un appassionato di giochi e scommesse, e più di altri regnanti del suo tempo fu un grande appassionato di tesserae, il gioco romano dei dadi, tanto da essersi fatto montare nella propria carrozza uno speciale meccanismo per impedire al tavolo di sobbalzare sulle buche nel tragitto.
(Photo by Sailko / CC BY 2.5)
Nato con qualche forma d’infermità fisica (a tal proposito sono state avanzate diverse ipotesi tra cui la sindrome di Tourette, una paralisi celebrale infantile o la poliomielite), ebbe vita difficile a corte fino al giorno in cui riuscì a diventare imperatore acclamato dalla guardia pretoriana all’età di 52 anni dopo la riuscita cospirazione e conseguente omicidio di Caligola. Nonostante come molti dei suoi predecessori tendesse ad eccedere con alcuni tratti negativi della sua personalità (pare fosse estremamente libidinoso, paranoico, vendicativo e preda di scatti d’ira), alcuni aspetti positivi della sua amministrazione ne hanno riabilitato la figura. Durante il suo regno Roma espanse i suoi territori arricchendosi di nuove importanti province come la Britannia. Fu un apprezzato erudito (scrisse alcuni rilevanti trattati di etruscologia e una storia di Cartagine in otto volumi) e si mostrò tollerante nei confronti di ebrei e cristiani. Ultimò alcune importanti opere pubbliche come l’acquedotto Claudio e il porto di Ostia ma il suo più grande capolavoro è in campo amministrativo dal momento che seppe riorganizzare la burocrazia romana centralizzandola e avvalendosi dell’aiuto di liberti (schiavi resi liberi dai padroni) razionalizzò l’imponente apparato organizzativo dell’impero. Prima della morte avvenuta per avvelenamento (pare per un piatto di funghi velenosi somministrati da una sicaria ingaggiata da Agrippina), Roma aveva allargato e consolidato i propri confini, si era dotata di un apparato burocratico all’altezza della situazione e aveva risanato le casse pubbliche dilapidate da Caligola. Un personaggio dai mille volte e un momento di storia romana certamente interessante da approfondire al museo dell’Ara Pacis.