di Maria Luisa Runti
Emozione pura, straordinario successo per “Il Prezzo” di Arthur Miller che ha debuttato lo scorso 1 marzo al Teatro Nuovo Giovanni da Udine (Udine), con protagonisti d’eccezione: Umberto Orsini, Massimo Popolizio (a cui si deve anche la regia), Alvia Reale ed Elia Schilton. Capolavoro della drammaturgia contemporanea, “Il Prezzo” è stato rappresentato per la prima volta nel 1968 a Broadway con 429 repliche consecutive. Il grande merito dell’edizione italiana va ad Umberto Orsini che racconta: “Sei anni fa nella libreria del National Theatre di Londra mi capitò tra le mani “The Price” di Arthur Miller e la memoria mi riportò ad uno spettacolo interpretato da Raf Vallone negli anni sessanta. Cominciai la lettura e fui catturato dal dialogo e dall’attualità della vicenda. Cercai una traduzione italiana ma era inesistente. Decisi che avrei portato in scena la commedia solo se avessi trovato tre bravissimi attori nei ruoli principali e in tal caso per me avrebbe avuto un senso interpretare Gregory Solomon un mediatore di mobili di novant’anni.
I miei desideri si sono avverati: ho tre splendidi compagni e finalmente “Il prezzo” gode di una traduzione italiana (grazie a Masolino D’Amico, n.d.r.) che viene a colmare una lacuna nell’opera omnia di Miller nel decennale della sua scomparsa.”
Qual è “Il Prezzo”? È quello che ognuno di noi paga per vivere, afferma Popolizio nelle note di regia.
Commedia-dramma, ambientato negli anni della crisi del 1929, “Il Prezzo” vede in scena quattro personaggi (due fratelli, la moglie di uno dei due e l’anziano compratore dell’eredità lasciata loro dal padre e che risale a ben 16 anni prima). Una sorta di ring, magnificamente ambientato, che riporta in luce un lungo vissuto, strade diverse, umiliazioni e successi di ciascuno dei protagonisti. Un “face to face” dove emergono intime debolezze, frustrazioni, avidità, orgoglio ferito e tracotanza in un incalzante dialogo-scontro di cui il vecchio mediatore di mobili tiene le fila. Ogni cosa, sempre, ha il suo prezzo, dai ricordi, alla lotta del quotidiano, al desiderio di affermarsi in un mondo sempre più difficile da fronteggiare, giorno dopo giorno. Il tema affrontato da Miller è quanto mai attuale, muta il momento storico ma le lotte esistenziali, i desideri e le meschinità degli esseri umani rimangono le medesime.
Strepitosa l’interpretazione di Umberto Orsini nel ruolo di Gregory Solomon che approfondisce, scava e spazia in una carellata di profonda introspezione psicologica. Sfumature divertenti si alternano ad altre, drammatiche che, anche quando è fuori scena, lasciano il segno. Una sorta di costante presenza “sospesa” con cui gli altri personaggi devono fare i conti oltre che con se stessi. Alvia Reale dà voce a Esther Franz con grande forza espressiva in una continua alternanza di sentimenti che vanno dalla malinconia, all’accettazione forzata dell’inevitabile, alla ribellione nei confronti della debolezza ed indecisione del marito Victor. Tocca magnificamente tutte le corde Milleriane offrendo una grande prova d’artista. Massimo Popolizio è Victor Franz, che ha tratteggiato il suo ruolo con notevole padronanza introspettiva. Personaggio difficile da rendere attorialmente poiché, in un certo senso, si trova pressoché solo fra tre fuochi incrociati. Dialoghi e monologhi ad un tempo, scanditi da eccellente ritmo. Ottima interpretazione come lo è stata quella di Elia Schilton, Walter, il fratello medico cui la vita ha riservato successo e denaro. La sua tracotanza, a volte a malapena celata, mette a fuoco, nonostante tutto, i suoi dubbi ed i reconditi pensieri che vanno al passato, alla morte del genitore, all’egoismo con cui ha lasciato Victor nel disagio economico ed alla rinuncia di brillanti studi per poter mantenere il padre caduto in miseria. Popolizio ha impresso alla sua regia una lettura ferma e precisa, di grande spessore e notevole forza che ha messo in luce sfumature e risvolti psicologici di tutti i personaggi (compreso il suo).
Molto bella la scenografia di Maurizio Balò giocata su due temi: da un lato l’affastellamento della vecchia “preziosa” mobilia ricoperta da teli drappeggiati a guisa di fantasmi del passato; dall’altro il nudo, grigio interno dell’appartamento- magazzino con una scala metallica dei tempi d’antan. Sobri ed a tono i costumi di Gianluca Sbicca. Minimali ed efficaci le luci di Pasquale Mari. Da manuale la preziosa traduzione di Masolino D’Amico.
Applausi scroscianti e prolungati hanno coronato la straordinaria, emozionante serata.
MARIA LUISA RUNTI
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Fotografie: Marco Caselli Nirmal Pht.