“Nel futuro ognuno sarà famoso per 15 minuti.”
Con questa affermazione Andy Warhol, l’artefice della Pop Art comunicava al mondo che tutti possono essere famosi, soltanto per un tempo limitato, 15 minuti.
Probabilmente queste parole sono valide per gli altri, ma non per l’artista stesso, una dimostrazione della sua costante fama sono le varie mostre organizzate nelle diverse città italiane, da Roma a Napoli, con prospettive diverse ma con un comune denominatore, Andy Warhol, fonte di ispirazione per le generazioni successive, e modello da ritrarre anche nell’arte presepiale napoletana con la realizzazione della sua statuina.
Nella città partenopea, all’interno del PAN-Palazzo delle Arti di Napoli-Palazzo Roccella, in via dei Mille 60, fino al 20 luglio, nel cuore dello shopping delle grandi griffe, la mostra intitolata “Vetrine” curata da Achille Bonito Oliva, ha già dato i suoi frutti, un enorme successo di critica e di pubblico.
Il rapporto che lega l’artista originario di Pittsburgh con la città di Napoli ha radici profonde, il collante è l’amicizia del gallerista Lucio Amelio che riuscirà a portare alle falde del Vesuvio Andy Warhol per realizzare una serie di opere con l’obiettivo di perseguire una liaison imaginaire tra New York e la realtà napoletana accomunate dalla confusione delle città, dalla familiarità e dai grandi problemi di queste due metropoli.
Il titolo della mostra “Vetrine” con le sue 180 opere, indica la formazione culturale e l’esperienza acquisita dall’ artista lavorando agli inizi della sua carriera con i negozi di lusso di Madison Avenue, come vetrinista e grafico pubblicitario, esperienza lavorativa che segnerà il passaggio agli ambienti dello star system ,realizzando alcune serigrafie, le Golden Shoes, un simbolo che resterà a lungo nell’immaginario collettivo.
Il percorso espositivo si articola in diverse sale, un primo approccio di Warhol sono una serie di locandine discografiche realizzate su committenza, spaziando in qualsiasi genere o band musicale,invece, nelle sale successive si respira il rapporto simbiotico tra Warhol e Napoli, una “Napolipop” esemplificata con la sua opera più conosciuta,“Vesuvius” e con il famoso “Head Line Work”, una gigantografia della prima pagina del giornale “Il Mattino” del 23 novembre 1980 che riportava il titolo “Fate Presto” riferendosi al terremoto che colpì la zona dell’Irpinia, ai ritratti di Graziella Lonardi Buontempo, Ernesto Esposito, Peppino Di Bernardo ed altri.
Non potevano mancare in questa mostra le opere di Warhol di maggior successo dalle serigrafie delle Campbell’soup e dei Camoufflage, “scatole-scultura” e t-shirt realizzate dalla Andy Warhol Foundation for the Visual Arts, ai ritratti seriali di Marylin Monroe del 1967 e quella firmata nel 1985 da Warhol con la scritta “Questa non è mia” (Marylin this is not by me.)
Nell’epoca della costante ricerca del successo, della volontà di affermare se stessi, della ricerca del consenso da parte degli altri, probabilmente Warhol è stato l’artefice del primo “selfie artistico.”